AgenPress. Risale a qualche giorno fa la terribile vicenda che ha visto una bambina di 10 anni perdere la vita, probabilmente per una sfida estrema su Tik Tok. Quando i suoi genitori l’hanno trovata in fin di vita, la piccola era chiusa in bagno, con una cinta stretta al collo e il cellulare accanto.
Arriva proprio da parte del Garante per la protezione dei dati personali una nota dove si evince che “è stato disposto nei confronti di Tik Tok il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non si stata accertata con sicurezza l’età anagrafica”.
«Sicuramente un passo importante per tutelare i minorenni sui social è stato fatto. Ma non basta», premette Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta, docente universitario e Presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, GAP e Cyberbullismo). «Trovo assurdo che la soluzione per tutelare i nostri figli sui social debba arrivare dal Garante della privacy. E i genitori in tutto questo cosa fanno? Il problema è che in queste situazioni molto spesso i genitori preferiscono ricorrere a delle soluzioni piuttosto di evitare che il problema si presenti. C’è ancora tanta confusione e disinformazione riguardo la tematica minorenni e social in Italia, esistono regole chiare che proibiscono l’iscrizione ai social per i bambini sotto i 13 anni, eppure già molto prima di quell’età i bambini hanno un profilo. Chi produce i cellulari ne sconsiglia l’utilizzo prima dei 13 anni, eppure è possibile che un minore abbia la SIM già prima, sempre con il consenso firmato dei genitori. Ed ecco che torniamo al punto: il problema è che dovrebbero essere i genitori i primi ad esser consapevoli, siamo noi adulti a lasciare che i nostri figli accedano al web troppo presto. Lo smartphone ormai è entrato nella vita di tutti noi come strumento quotidiano, ma questo non deve illuderci sulla sua pericolosità se non utilizzato correttamente».
«La scelta di regalare il cellulare a nostro figlio non deve esser il frutto di un capriccio o senso di emulazione verso i propri amichetti che già lo possiedono. Bisogna essere consapevoli che stiamo dando uno strumento importante che permette di accedere a contenuti che possono esporre il minore a rischi e pericoli. Il genitore non deve prendere con leggerezza questo regalo, ma, assumersene la responsabilità e l’onere di seguire il figlio passo dopo passo nel mondo digitale, deve accompagnarlo con la stessa costanza che ha nell’accompagnarlo nel mondo reale.
Non esiste la privacy in questi casi: quindi la prima regola da sottoscrivere se vostro figlio vuole il cellulare è la condivisione delle password. Questo controllo sicuramente potrebbe scatenate una reazione nei nostri figli, ma dobbiamo avere la forza di saper dire NO e la consapevolezza che stiamo facendo tutto questo per il bene di nostro figlio. Dobbiamo essere noi ad educare i figli all’utilizzo corretto dei social e non lasciarli fare come autodidatti. Stando a quanto emerge dai dati di una survey dell’Associazione Nazionale Dipendenze tecnologiche, GAP e cyberbullismo, condotta in collaborazione con il portale Skuola.net e con VRAI (Vision, Robotics and Artificial Intelligence – Dipartimento di Ingegneria Informatica dell’Università Politecnica delle Marche) presentati durante la IV Giornata Nazionale sulle dipendenze tecnologiche, GAP e Cyberbullismo su un campione di 3.115 studenti di età compresa tra gli 11 e i 19 anni, circa il 34% ha già partecipato a sfide online, una percentuale allarmante già aumentata a distanza di pochi mesi dall’indagine fatta. Dati allarmanti che portano alla luce il senso di inadeguatezza che i nostri figli vivono nell’ambiente scolastico e famigliare, un senso che molto spesso li porta a voler cercare di superare i propri limiti solo per mostrarsi all’altezza o per venire accettato dai compagni. Circa il 12,6% de campione ha infatti dichiarato di esser stata vittima di cyberbullismo».
Cosa dobbiamo fare? «Ascoltiamo i nostri figli, i segnali di aiuto ce li stanno mandando, ora sta a noi ascoltarli. Secondo l’indagine svolta dall’Associazione Di.Te, il 77% dei ragazzi vorrebbe seguire delle lezioni di educazione digitale a scuola e il 45% vorrebbe che venisse istituito un patentino. È importante giocare d’anticipo. Le “sfide online” vanno a colpire i ragazzi sotto i 14 anni, una fascia più piccola rispetto a ciò che abbiamo visto in passato. A questa età i ragazzi sono molto più vulnerabili. Il loro sistema limbico, sede dell’emotività e dei comportamenti, non è ancora completamente formato, per questo tendono a essere più impulsivi e non hanno l’esatta consapevolezza del pericolo che stanno correndo», conclude Lavenia.