AgenPress. Il Tribunale per i Minorenni è incompetente a decidere in caso di contrasto tra genitori e personale sanitario in relazione ad un trattamento medico da eseguirsi su un minore. Inoltre, il dissenso alle trasfusioni di sangue espresso dai genitori, che nel caso di specie hanno valorizzato la ferma decisione del figlio (un “minore maturo” di 15 anni), non può mai avere come conseguenza limitazioni alla responsabilità genitoriale. Su questi due principi, il 14dicembre 2020la Corte di Appello di Perugia ha accolto la richiesta di due genitori testimoni di Geova e ha revocato il decreto del Tribunale per i Minorenni di Perugia che aveva autorizzato la trasfusione e nominato un curatore speciale, limitando in tal modo la responsabilità dei genitori.
Il Caso. I medici dell’Ospedale di Terni proponevano una terapia di infusione di piastrine per un ragazzo quindicenne al quale erano stati riscontrati alcuni valori del sangue bassi. Tuttavia, il giovane esprimeva il suo rifiuto all’uso del sangue per motivi di coscienza religiosa, in quanto Testimone di Geova. Anche i genitori, interpellati dai medici, confermavano e valorizzavano la volontà espressa dal figlio, suggerendo tuttavia l’utilizzo di collaudate terapie alternative al sangue, quale l’uso di immunoglobuline. I medici praticavano quindi una terapia alternativa, la quale dava subito ottimi risultati permettendo al giovane di riprendersi in breve tempo senza ricorrere alle emotrasfusioni. Ciononostante, il Tribunale per i Minorenni, interpellato in precedenza dall’Ospedale, autorizzava le emotrasfusioni e nominava un curatore speciale limitando così la responsabilità dei genitori. Ritenendo che tale provvedimento fosse illegittimo, i genitori ricorrevano alla Corte di Appello che accoglieva la loro richiesta revocando il decreto e le limitazioni imposte con la nomina di un curatore speciale.
Il chiarimento della Corte. Sulla base della Legge n. 219/2017 la Corte ha stabilito che il decreto doveva essere revocato perché il Tribunale per i Minorenni è incompetente quando vi è un contrasto tra i genitori e il personale medico in merito a un trattamento da eseguirsi su un minore. Eventuali limitazioni alla responsabilità dei genitori, come la nomina di un curatore speciale, sono pertanto illegittime. Come ha ricordato la stessa Procura Generale nel suo parere favorevole ai genitori, tali provvedimenti restrittivi possono essere fondati soltanto qualora sia accertato uno stato di incuria o di abbandono. Comunque, il mero dissenso dei genitori a un trattamento sanitario come quello delle trasfusioni di sangue non può essere mai considerato di per sé indice di incuria. Anzi, il Procuratore Generale ha sottolineato nel suo parere come i genitori “avevano mostrato attenzione e tempestività nel ricorrere alle cure e cooperazione con le autorità sanitarie”. Nei casi in cui vi sia disaccordo tra il genitore e il medico in merito alle cure per un minore, la questione va portata all’attenzione del Giudice Tutelare, che si esprime autorizzando o meno il trattamento, senza ripercussioni sulla responsabilità genitoriale, come espressamente previsto dall’art. 3 comma 5 della L. 219/2017.
Volontà del minore maturo. Nel provvedimento, i giudici sottolineano che“ in materia di trattamento sanitario, la persona minore di età ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione e che il consenso informato al trattamento sanitario è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità”. Secondo la Corte, i genitori avevano espresso il dissenso alle emotrasfusioni in modo del tutto legittimo e in piena armonia con l’art. 3 della legge 219/2017, cioè “tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità”. Inoltre, come stabilito dalla recente sentenza della Cassazione n. 29469/2020, le scelte terapeutiche radicate in ragioni religiose sono particolarmente tutelate dalla Costituzione.
La pronuncia della Corte di Appello di Perugia –pienamente in linea con i recenti decreti emessi, su casi simili, dalle Corti di Appello di Roma, Milano e Catania – contribuisce ad affermare sempre di più i principi della legge 219/2017, che merita di essere più conosciuta da medici e giuristi.