AgenPress – Si allungano i tempi per il via libera definitivo al Recovery fund.da 750 miliardi su cui i capi di Stato e di governo della Ue hanno faticosamente trovato un’intesa a luglio.
Olanda, Finlandia, Danimarca e Austria, i “frugali” che in luglio hanno fatto muro contro gli aiuti a fondo perduto ai Paesi più colpiti dal Covid, insieme a Belgio e Lussemburgo hanno votato contro perché chiedono che lo stato di diritto sia irrinunciabile per accedere ai fondi. Polonia e Ungheria si sono opposti a loro volta, ma per il motivo opposto: non accettano intromissioni.
“E’ aumentata la mia preoccupazione che col dibattito acceso sul meccanismo sullo stato di diritto nell’Ue e al Consiglio si vada sempre più incontro ad un blocco sull’insieme dei negoziati sul Bilancio”, ha commentato l’ambasciatore tedesco presso la Ue, Michael Clauss. “Il programma continua ad essere ritardato. Già ora, saranno molto probabilmente inevitabili ritardi con conseguenze per la ripresa economica dell’Europa”.
“Potrebbe essere bloccato dai veti incrociati tra gli Stati”. E, alla vigilia di una visita ufficiale, a Berlino dove incontrerà il suo omologo Michael Roth, suona l’allarme “La Germania trovi una mediazione”, dice il ministro per gli Affari Europei Vincenzo Amendola.
Ormai, però, lo scontro è aperto (in realtà non si era mai chiuso) e ai “dossier spinosi dell’imminente Consiglio Ue – si legge sul Corsera – se n’è aggiunto un altro”. “Si è aperto un scontro tra Paesi come la Polonia e l’Ungheria – dichiara Amendola che non vogliono interferenze o condizionalità sullo Stato di diritto, e i cosiddetti “frugali” che spingono perché lo Stato di diritto sia irrinunciabile per accedere ai fondi”. “Se la discussione continua così – ammette senza troppi giri di parole il Ministro – con questi toni e con minacce di veto si potrebbe bloccare tutto”.
Un doppio scontro all’interno delle istituzioni dell’Unione Europea sul meccanismo sullo stato di diritto e il bilancio 2021-27 rischia, dunque, di far slittare la partenza del Recovery fund e dell’esborso delle risorse destinate ai governi nazionali per finanziare la ripresa post-Covid.
Ieri la presidenza tedesca ha ottenuto la maggioranza qualificata per il mandato negoziale necessario a portare al tavolo con il Parlamento europeo la proposta di compromesso sulla condizionalità relativa allo stato di diritto: un compromesso che allenta i vincoli, pur mantenendo le condizionalità. Ma nove Paesi si sono schierati contro: Olanda, Finlandia, Svezia, Austria e Danimarca da un lato, e Polonia e Ungheria dall’altro, oltre a Belgio e Lussemburgo.
I negoziati con Strasburgo non saranno semplici: il calendario prevedeva che le trattative finissero entro il 15 ottobre per dare modo poi ai Parlamenti nazionali di ratificarlo e farlo entrare in vigore a gennaio. Ma i tempi si allungano, anche perché l’Europarlamento chiede di tagliare gli sconti al bilancio Ue ottenuti dai Frugali per recuperare le risorse per Erasmus e ricerca.
Da Roma, intanto, si pensa come spendere i 209 miliardi di euro in arrivo dall’Europa. “Un’occasione irrepetibile, un treno che non passerà mai”, come gli stessi esponenti di Governo hanno sottolineato più volte.
Come riportato da il Sole24Ore, ai progetti green andrà il 37%, su indicazione dell’Unione europea con la conferma del Premier Conte: di questi 75 miliardi la quota maggiore andrebbe a stabilizzare il superbonus del 110% mentre altre voci saranno il piano contro il dissesto idrogeologico e la mobilità verde nelle città (autobus elettrici, per esempio). Il 20% del Recovery, pari a circa 40 miliardi, dovrebbe andare ai progetti di digitalizzazione con il piano per la banda larga che farà la parte del leone. Alle infrastrutture della mobilità una prima ripartizione dei fondi attribuisce il 10%, quindi 20 miliardi, meno di quanto richiesto con un piano da almeno 100 miliardi fatto di progetti per Alta velocità al Sud, ferrovie, strade, porti e logistica.