Fazzone (FI): “Soldi alle imprese? No, il decreto liquidità è un salva banche”

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Agenpress. “Continuo a leggere sui mezzi d’informazione che il governo avrebbe compiuto un grandissimo sforzo immettendo 400 miliardi di liquidità sul mercato attraverso il decreto emanato. Ma non è così, sarebbe bastato poco, magari anche solo un 30% di finanziamenti alle imprese a fondo perduto per dare un po’ di ossigeno vero al nostro sistema produttivo ed invece l’esecutivo ha preferito procedere con un ricorso esclusivo ai prestiti.

Il governo propone di garantire le banche dalle insolvenze debitorie, anziché sostenere le attività produttive con trasferimenti diretti nei conti correnti aziendali. In questo decreto la liquidità non è somministrata a fondo perduto nelle vene produttive del nostro Paese, ma nella formula del prestito con il vincolo della restituzione.

Per rendersene conto basta entrare nel merito del decreto e capire quali saranno gli effetti concreti che produrrà. Ebbene, il sistema bancario presta garanzie e si dichiara disponibile ad erogare questo credito. Con questo decreto il prestito pieno di 25.000 euro viene concesso se si ha un fatturato annuo pari ad almeno 100.000 euro.

Ipotizziamo che un cliente, imprenditore, abbia già un affidamento di 20.000 euro con ‘Banca Intesa’, una delle prime a indicare le linee guida per l’erogazione.

L’istituto di credito afferma di essere disponibile all’erogazione del credito, a patto che sia superiore del 10% di quello già concesso. L’imprenditore potrà pure ottenere un fido di 25.000 euro dalla banca, ma a condizione di annullare i 20.000 euro di crediti in bianco.

Quindi a conti fatti, la banca trasforma il credito chirografario in credito garantito dallo Stato: l’imprenditore avrà ottenuto nella migliore delle ipotesi, appena 5.000 euro.

In più per le imprese ci sarebbe un ulteriore aggravio in termini di costi.

Secondo quanto previsto dal decreto la banca che eroga questo credito deve applicare come tasso medio quello pubblicato da Bankitalia, ovvero massimo l’8,64%.

Ma c’è di più, perché le spese non sono finite.

L’imprenditore per ottenere il credito deve pagare la commissione dello 0,25% del primo anno, dello 0,50% il secondo e terzo anno, dell’1% il quarto, il quinto ed il sesto anno.

Applicando la commissione ai 25.000 euro l’imprenditore deve versare 585 euro in totale.

Ciò significa che l’incidenza media sui 25.000 euro è del 2,40%, ma se paga 585 euro sulla somma realmente ricevuta di 5.000 euro si raggiunge l’11,60% dell’utilizzato. Alla luce di ciò, mi chiedo come si possa affermare che questo provvedimento vada davvero incontro al mondo delle imprese e appare evidente come il governo abbia avuto davvero poca cura delle modalità di erogazione di questo credito.

Con grande schiettezza vorrei rivolgere al nostro primo ministro alcune domande.

Ma questo decreto serve ad immettere liquidità o è un salva banche?

Con questo sistema adottato il decreto nella misura dell’80-90% servirà a trasformare i crediti chirografari in crediti garantiti dallo Stato. Era questo l’intendimento dell’esecutivo?

Il governo dispone di tanti consulenti, ma sono davvero capaci?

In questo decreto si nota veramente la loro mano?

Lo ripeto, la conseguenza vera del decreto sarà quella di aumentare la disponibilità degli istituti di credito e non delle nostre imprese”.

Lo dichiara in una nota il senatore di Forza Italia Claudio Fazzone.

 

 

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