Giorgia Meloni e il Manifesto di Ventotene. Una rilettura giusta con le Sinistre in disfacimento

- Advertisement -
- Advertisement -
AgenPress. Ormai siamo a una Sinistra che vive al capezzale del proprio funerale. Sia politico che culturale. Con pensieri vecchi, datati, deficitari nell’era di Musk e dei vortici planetari. Piaccia o meno ma con la realtà dobbiamo convivere e saper vivere con capacità innovativa giorno dopo giorno. Mi sembra ormai un fatto di una arretratezza abissale fare piazza con slogan che hanno nessun senso.
I difetti storici nascono dalla non conoscenza oppure da una volontà prettamente ideologica nel leggere e interpretare a proprio piacimento quegli scritti politici che si testimoniano da sé attraverso una chiarezza del linguaggio. Ebbene i passi letti da Giorgia Meloni in riferimento al Manifesto di Ventotene corrispondono con lucida chiarezza al vero.
Se poi si vuole dare una interpretazione di altra natura o divergente rispetto alla lucidità espressa nel testo sarebbe auspicabile dirlo. Ma il gran chiasso fatto alla Camera dopo le citazioni del Presidente del Consiglio sul Manifesto da parte delle Sinistre non è spropositato.
È la chiara dimostrazione che è stato letto poco e male. O è stato letto con la logica consueta di una ideologia scaduta.
C’è certamente una idea di Europa. Ma quella Europa di cui si parla deve essere “socialista”, si dice nel Manifesto. Non è forse vero che si trova scritto che: “La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista”? Se ciò non dovesse rispondere al vero (cosa impossibile) si facciano delle controdeduzioni e citazioni documentate  dovute.
Se poi si vuole affermare che si trattano di frasi scorporate da un contesto preciso è bene che vada sottolineato, cosa resterebbe?. Ma è pur vero che la “filosofia” resta sempre quella. Parliamoci francamente. Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni, fautori del Manifesto del 1941, non potevano non scrivere, in quel contesto un Manifesto di altra natura. Ovvero azionista e socialista. Eravamo però nel 1941.
Eravamo in una temperie particolare che non è possibile e pensabile comparare con quella di oggi.
È inutile continuare a tirare dal cilindro il solito antifascismo. Il Manifesto era stato scritto sulla base di una lettura addirittura minimamente o minimalista kantiana della società. Si discuteva di una Europa “europea” e “nazionalista” in quel processo storico e politico. Non è richiamabile a oggi.
Perché le Sinistre continuano a spaginare un passato che non ha nulla a che fare con il nostro presente. È mutato tutto rispetto a quel tempo. Non si può richiamare un passato come ombra del nostro contemporaneo. Non ci sono più reduci. È finito il reducismo.
Quando la Meloni cita il passo in cui a ragione si legge: “La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso”, non c’è più Kant. Bensì un certo Rousseau e soprattutto Marx, il quale nonostante tutto parla anche di “proprietà borghese” contraddicendosi come sempre perché afferma: “La teoria dei Comunisti può essere riassunta in una singola frase: Abolizione della proprietà privata”.
Insomma il Manifesto di Ventotene quanto ha a che fare con il Manifesto di Marx? Credo che il punto sia qui. Poco, molto, abbastanza?. È la base. Occorre leggerlo. Così è possibile comprendere cosa si nasconde soprattutto dietro i concetti di rivoluzione e proprietà privata.
In quanto alle atmosfere che si vivono all’interno del Palazzo, non cito Pasolini molto distante da me, lo scontro più che politico è diventato uno scontro di potere, direi di poteri.
Le Sinistre perdendo  potere che hanno gestito per anni si trovano in un guado. Con le loro invettive non andranno lontano. La politica è anche un’etica. Mi sa che si è molto distanti dalla cultura dell’etica. Il resto di un mondo che cambia è sotto gli occhi di tutti. A dopo.
Pierfranco Bruni
- Advertisement -

Potrebbe Interessarti

- Advertisement -

Ultime Notizie

- Advertisement -