Il risvolto perverso delle politiche migratorie: blindano i confini e favoriscono la tratta di esseri umani

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Almeno 50 milioni nel mondo le persone soggette a schiavitù, quasi 120 milioni i migranti forzati, 25 milioni gli adulti e minori sottoposti a tratta, con circa 2,5 milioni di nuove vittime all’anno. Servono politiche migratorie che mettano al centro le persone e i diritti umani fondamentali


AgenPress. Nella 11ª Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, istituita nel 2015 da Papa Francesco in ricordo di santa Giuseppina Bakhita, suora sudanese vittima di tratta, il Centro Studi e Ricerche IDOS aderisce all’invito di sentirsi e agire come “Ambasciatori di speranza. Insieme contro la tratta di persone”.

La giornata è l’occasione per rimettere ordine nel vociare, spesso volutamente confuso, che ruota attorno al tema delle migrazioni e che, rovesciando totalmente le priorità umane, etiche e giuridiche, antepone la difesa dei confini alle vite in carne ed ossa di donne, uomini e minori: vite sacrificate alla ragion di Stato, ridotte a oggetto di scambio e contrattazione internazionale, ignorate nelle loro sofferenze e speranze, violate nel rispetto dei loro diritti più elementari.

Secondo l’Onu sono almeno 50 milioni le persone vittime di schiavitù nel mondo (lavoro forzato, sfruttamento sessuale e lavorativo, attività illecite, accattonaggio), in particolare donne, bambini, migranti e rifugiati: 1 vittima su 3 è un minore e, nello sfruttamento sessuale, quasi 8 su 10 sono donne. Eppure, i Paesi europei destinatari dei flussi migratori si rappresentano come vittime dei movimenti di persone e si organizzano per aggirare e rendere ineffettivo il diritto internazionale, faticosamente costruito nel Novecento sulle ceneri delle atrocità della Seconda guerra mondiale. Guerre, povertà, disuguaglianze, crisi climatiche, persecuzioni hanno portato le persone costrette alla migrazione forzata a quasi 120 milioni; parallelamente, il proibizionismo migratorio e l’esternalizzazione delle politiche di contrasto – affidate a Stati terzi quasi mai rispettosi dei diritti umani – rendono le rotte migratorie verso l’Ue sempre più pericolose e letali, favorendo la caduta nelle reti del traffico e dello sfruttamento di esseri umani.

La tratta transnazionale, diretta in gran parte verso l’Europa, è un mercato che alimenta potenti organizzazioni criminali, al pari del traffico di armi o di stupefacenti, spesso grazie all’interconnessione tra questi fenomeni. L’Oil stima che ogni anno nel mondo ci siano circa 2,5 milioni di nuove vittime e che queste siano in totale 25 milioni. Le donne sono tra le più esposte, a causa della loro appartenenza di genere, dei sistemi socio-culturali dei contesti di provenienza, dell’esposizione a sfruttamento e violenza (sessuale, ma non solo) durante il viaggio e nei Paesi di destinazione.

I dati scarseggiano, per la difficoltà di intercettare un fenomeno così complesso, ma nel quinquennio 2017-2021 il database del Counter Trafficking Data Collaborative ha registrato circa 29.000 vittime di tratta a livello europeo, nel 53% dei casi a scopo di sfruttamento lavorativo e nel 43% per sfruttamento sessuale. L’84% sono adulti, per il 66% donne, ma vi è anche un 16% di minori. Altri dati della Commissione Europea (Data collection on trafficking in human beings in the EU) evidenziano che le donne sono la quasi totalità (92%) delle vittime per sfruttamento sessuale, mentre gli uomini costituiscono oltre i due terzi (68%) di quelle per sfruttamento lavorativo.

Nell’ultimo decennio i canali di ingresso delle vittime di tratta si sono intrecciati con le rotte delle migrazioni non programmate, utilizzate dalle organizzazioni criminali per introdurre in Italia e in Europa anche persone destinate allo sfruttamento. Così, i reati di traffico di migranti (migrant smuggling) e tratta di esseri umani (human trafficking) si fondono pericolosamente e diventano sempre meno distinguibili. Diventa quindi essenziale riconoscere le vittime di tratta e sfruttamento, favorirne l’emersione e avviarle a percorsi di accoglienza protetti.

L’Italia ha un sistema di identificazione delle vittime ancora poco efficace e un sistema di tutela estremamente frammentato, anche per l’assenza di una banca dati centrale. Mancano un nuovo piano d’azione nazionale contro la tratta, la nomina di un relatore ad hoc, il riconoscimento degli indennizzi alle vittime, le tutele legali per proteggerle dai reati cui siano state indotte da trafficanti e sfruttatori.

Secondo l’ultimo Report del Numero Verde Nazionale Antitratta, nel 2023 le nuove prese in carico realizzate dal Sistema Antitratta sono state 762 (a fronte delle 861 del 2022) e la Nigeria si conferma il primo Paese di origine delle persone assistite dai progetti, insieme a Marocco, Pakistan, Costa d’Avorio, Brasile, ma anche Bangladesh, Tunisia, Senegal, Mali.

Stupisce, poi, il numero limitatissimo di stranieri titolari di permessi di soggiorno “per casi speciali” rilasciati a immigrati vittime rispettivamente di:

– grave sfruttamento lavorativo: 71 titolari a fine 2023, il che, considerando anche i 69 dell’anno precedente, ha dell’incredibile in un Paese in cui le forme di grave sfruttamento occupazionale degli stranieri, anche sotto caporalato, sono divenute pervasive, evidenziando la debolissima capacità di intercettare le vittime;

tratta e sfruttamento, anche connessi a riduzione in schiavitù, a fini di commercio di manodopera, prostituzione o prelievo d’organi: solo 175 casi, contro i 202 del 2022;

violenza domestica (sia essa fisica, sessuale, psicologica o economica, perpetrata anche da ex partner non necessariamente co-residenti): 169 casi, a fronte dei 131 del 2022.

La Convenzione del Consiglio d’Europa n. 197 del 2005 sulla lotta alla tratta di esseri umani ha introdotto importanti obblighi a carico degli Stati: identificare le vittime di tratta, dotare le autorità competenti di personale formato e qualificato, garantire alle vittime il diritto di recupero e riflessione e misure di assistenza e protezione, a prescindere dalla collaborazione della persona con le autorità. Le scelte dell’Italia e dell’Ue vanno purtroppo in senso opposto, rispondendo in termini repressivi a tutti i migranti: volontari o forzati, liberi o sottoposti a tratta.

“Nella giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone – sostiene Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche IDOS – non bastano la commozione o le parole di circostanza: servono urgentemente azioni concrete di giustizia, decisioni e politiche che tutelino i diritti di chi migra, senza prolungarne inutilmente il viaggio e le sofferenze pur di tenerle lontane, affinché invece dei muri e dei fili spinati si costruiscano le condizioni per una effettiva liberazione dalla schiavitù e dallo sfruttamento”.

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