AgenPress. No, non è un’esagerazione: oggi – con 250 milioni di bambine e bambini che “non hanno accesso all’istruzione” a causa di guerre, migrazioni, povertà – si vive una vera e propria “catastrofe educativa”.
Parte dalla denuncia di una delle emergenze di quest’epoca, Papa Francesco, per chiedere in questo primo mese del 2025 appena aperto di pregare “perché i migranti, i rifugiati e le persone colpite dalla guerra vedano sempre rispettato il proprio diritto all’educazione”.
L’educazione è una speranza per tutti: può salvare migranti e rifugiati dalla discriminazione, dalle reti criminali e dallo sfruttamento… Tanti minori sfruttati! E può aiutarli a integrarsi nelle comunità che li stanno accogliendo.
Il Papa ribadisce che “tutti i bambini e i giovani hanno diritto a frequentare la scuola, indipendentemente dalla loro situazione migratoria”. Statistiche e cronache riportano infatti il fatto che i minori migranti o in fuga dalla terra natale a causa dei conflitti subiscono interruzioni nel processo educativo. In molti casi, le scuole in zone di conflitto o nei campi profughi hanno un accesso molto limitato a materiali educativi, infrastrutture adeguate e insegnanti qualificati. Non solo, quando bambini e giovani si trasferiscono in altri Paesi o regioni, il loro status migratorio può impedire loro di accedere all’istruzione e, di conseguenza, a un futuro migliore. Per questo, il Papa afferma nel video che “tutti i bambini e i giovani hanno diritto a frequentare la scuola, indipendentemente dalla loro situazione migratoria”.
Una richiesta avanzata anche in precedenti occasioni, quando il Pontefice aveva chiesto che si assicuri ai migranti e ai rifugiati “l’accesso regolare all’istruzione primaria e secondaria”, così come “la permanenza regolare al compimento della maggiore età e la possibilità di continuare i loro studi”.
“L’educazione ci apre le porte a un futuro migliore”, afferma ancora Francesco, evidenziando che, attraverso questo passo verso l’integrazione, “i migranti e i rifugiati possono contribuire alla società, sia nel loro nuovo Paese sia nel Paese d’origine, se decidono di tornare”.