AgenPress. Casanova fu un antirivoluzionario. Si celebrano nel 1925 i trecento anni dalla nascita. Nel contesto in cui visse non accettò alcuna idea che proponesse il modello non solo illuminista e tanto meno la visione rivoluzionaria nata dalla pre Rivoluzione francese.e della stessa visione filosofica di ragione. Lo avrei ben visto dentro una cultura del pensiero della Vandea.
Eppure è un personaggio che rompe tutti gli schemi in quel settecento enigmatico e resta ancorato a una cultura in cui la tradizione è fondamentale. Un “libertino” che non accoglie ciò che veniva definito “progresso” e crea un trincea nella quale racchiudere il sentimento della memoria può benissimo essere considerato già da allora un reazionario?
Uscirei da questi stereotipi per restare vel vivo del suo tempo. Casanova non era un libertino. Bensì credeva nella libertà e del sentimento del tempo che gli permetteva di misurare inconsapevolmente la sua età ma sapeva fare i conti con la storia. Qui è la vera questione. Quella storia costruita intorno all’idea di ragione non era la sua. Nicciano anti litteram? I presupposti di una cultura che partiva dalla grecità e dalla latinità era tutta nella sua formazione. È inutile negarlo.
Scrive: “La sofferenza è insita nella natura umana; ma non soffriamo mai, o almeno molto di rado, senza nutrire la speranza della guarigione; e la speranza è un piacere.”
Oltre Rousseau certamente. Accetta il destino ma non smarrisce la via della speranza.
Questo significa molto. Uno spirito la cui intelligenza è nel pensiero di saper guardare la temperie in cui vive con il coraggio della sconfitta ma anche della lungimiranza. Incasellabile. Forse anche per questo non fu un don Giovanni. Non lo fu alla maniera di Byron e non lo fu neppure alla maniera di Kierkegaard. Anche se anticipò due caratteristiche che saranno fondamentali: l’esistenzialismo e il decadentismo.
Fu piuttosto decadentista. Un decadente alla notturno di d’Annunzio in cui la nostalgia prende il sopravvento. Appunto la nostalgia è un altro aspetto che lo definisce nelle giornate di Dux. Credo che sia proprio negli ultimi anni anni della sua vita che prende atto di aver vissuto una vita alla ricerca. Siamo esseri perdenti perché siamo persone coerenti.
Casanova lo fu proprio per il fatto che si distinse da Voltaire e non volle Essere nessun “Candido” ma sempre se stesso. Dunque. Non accettando la rivoluzione fu un viandante che chiedeva di ritornare alle origini. La sua Venezia non era la soltanto la sua città. Era un ritrovare le sue radici e con esse la madre, il padre, come pater – patria, il luogo come una Itaca assoluta. Un omerico che conosceva però l’intelligenza profetica di Virgilio.
Un reazionario? Non lo fu neppure. Ma un conservatore sì. Timore della morte? Più che timore consapevolezza. Una consapevolezza ancora una volta che annuncia d’Annunzio. Scrive: “La morte è un mostro che caccia dal gran teatro uno spettatore attento, prima della fine di una rappresentazione che lo interessa infinitamente”.
Non rivoluzionario. Ma consapevole che la contemplazione e il pensare sono dentro la sua vita. L’immaginario è altro rispetto alla vita vera in Casanova. La vita la visse conoscendo tutto il rischio e la bellezza di non essere un conformista. Sa benissimo che “L’uomo è libero, ma non se non ci crede”. E sa anche che: “Il mondo si troverà sempre nel disordine e nell’ignoranza, dal momento che i dotti non ne costituiscono tutt’al più che la centesima parte”.
Qui, proprio per il tempo in cui visse, si solleva la sua netta contrapposizione a quella cultura nata appunto dalla ragione e dal concetto di rivoluzione”. Chiedersi oggi chi è stato realmente Casanova non è facile ma considerarlo soltanto un “libertino” è molto banale.
Casanova è lo scrittore che pose le basi sul filosofo e il teologo nelle epoche che verranno.
È lo scrittore che in “Sogno di un quarto d’ora” riferendosi a Dio scrisse: “Capisco molto bene. Mi sembra di vedere che l’unico modo di pregarti è quello di avere la massima fiducia in te e di esercitare la virtù: in questo caso tu ti vedi spinto (se mi è permesso di usare questo termine) ad aiutare lo spirito buono a fare il bene, e ad aumentarne gli effetti, e siccome agisci così in virtù della tua natura non ti si può chiamare mutevole per l’idea che ti saresti comportato in modo contrario nei confronti di questo stesso uomo se egli non avesse riposto in te tutta la sua fiducia, e non avesse esercitato la virtù pregandoti”.
Ebbene sì. Più antirivoluzionario di Casanova nell’età della Rivoluzione e della Ragione in età in cui prendeva decisioni il concetto di progressista chi può esserci? Casanova portava dentro di sé l’essere del tradizionalista.
Pierfranco Bruni