AgenPress – Il 2024 è stato l’anno delle elezioni: UE, Moldavia, Georgia e ora USA, con il neoeletto Donald Trump. La necessità di un’Europa più forte e più unita, alla luce dei recenti risultati elettorali, non è mai stata così impellente.
Dopo le elezioni in Moldova, dove il Cremlino, nonostante la pressione (per non chiamarla minaccia) militare, mediatica ed economica, ha apparentemente gettato la spugna su Chișinău, la situazione resta tesa. Tuttavia, la presenza di militari e milizie private nella Transnistria occupata continua a suscitare dubbi e timori nella comunità internazionale ed europea.
Diversa la sorte della Georgia. Il Paese, ormai in balia della propaganda di Mosca, sembra essere sotto l’assedio mediatico e finanziario di Putin e del suo entourage di oligarchi. Tbilisi, con la legge sui cosiddetti “agenti stranieri” fortemente voluta dal partito nazionalista e filorusso “Sogno Georgiano”, si allontana ulteriormente da Bruxelles. La legge – ispirata all’equivalente russa del 2012 – impone alle ONG e ai media che ricevono il 20 per cento dei propri fondi dall’estero di registrarsi come entità che «perseguono gli interessi di una potenza straniera».
Un provvedimento che spinge Tbilisi verso Mosca.
Al 1600 di Pennsylvania Avenue, Washington DC, siederà il neoeletto Trump. Una vittoria schiacciante che suscita numerose preoccupazioni in merito ai rapporti bilaterali con i Paesi dell’Unione, per via della sua visione isolazionista degli USA e per l’amichettismo verso Vladimir Putin.
In tal senso, dopo oltre due anni di conflitto, c’è chi, malgrado le evidenze, crede che il Cremlino abbia solo intenzione di mettere una bandierina nel Donbass. Ma non è così. «Se Putin vince in Ucraina, non si fermerà là», ha affermato il segretario della NATO, Rutte, nel recente incontro tenutosi in Germania. L’ulteriore coinvolgimento di Pyongyang, che internazionalizza il conflitto, potrebbe portare a un’escalation. «Le prime truppe nordcoreane sono già finite sotto il fuoco ucraino a Kursk», ha dichiarato l’ufficiale ucraino Andriy Kovalenko.
Gli Stati Uniti d’Europa sono l’unica risposta per non finire nel baratro. Ora tocca a noi!