“Nei tumori alla mammella, le pazienti con almeno mezz’ora al giorno di attività fisica, dopo 10 anni hanno una riduzione del rischio di mortalità complessiva del 43% e del 30% per la mortalità dovuta al tumore al seno. Nei tumori alla prostata si riduce del 20% il rischio di recidiva o progressione, e si migliora la sopravvivenza del 40% rispetto agli uomini sedentari” sottolinea Stefano Giordani, Direttore Scientifico Associazione Onconauti
AgenPress. Nuove evidenze scientifiche certificano che le terapie integrate, un insieme di interventi non farmacologici, hanno un effetto benefico sui pazienti con tumore al seno o alla prostata: migliorano la qualità di vita nel percorso riabilitativo mediante una riduzione degli effetti collaterali e un aumento della proattività dei pazienti; aumentano la sopravvivenza; limitano le recidive e la comparsa di secondi tumori, che si verifica altrimenti in circa un caso ogni cinque. Si può definire come “oncologia integrata”, come è emerso nell’ambito del XII Congresso Nazionale dell’Associazione Onconauti, che si è recentemente svolto a Bologna, con responsabili scientifici Stefano Giordani, Oncologia Territoriale AUSL Bologna e Direttore Scientifico Associazione Onconauti, e Antonio Maestri, Direttore del Dipartimento Oncologico AUSL Bologna.
I TRATTAMENTI INTEGRATI NUOVA FRONTIERA DELL’ONCOLOGIA – Sono circa 3 milioni e 700mila, pari al 6,4% della popolazione, i pazienti oncologici lungo-sopravviventi in Italia che necessitano di un follow up che tenga conto della loro delicata situazione clinica, psicologica, sociale. Da questa esigenza è nato il progetto dell’Associazione Onconauti. “I trattamenti integrati consistono in interventi non farmacologici scientificamente provati nella loro efficacia sui tumori al seno e alla prostata, benchè esistano dati preliminari anche per i tumori del colon e del polmone – spiega Stefano Giordani – Includono interventi sullo stile di vita per con un’alimentazione salutare e un’attività fisica regolare; pratiche mente-corpo come yoga, agopuntura, shiatsu, riflessologia, Qi Gong; supporto psicologico (musicoterapia, arte terapia); fisioterapia; consulenze specialistiche mirate“.
“Questi trattamenti, generalmente effettuati nei principali Centri Oncologici USA, che in Italia sono erogate solo a Roma, presso il Centro di terapie Integrate Komen del Policlinico Gemelli, dal 2025 saranno disponibili anche a Bologna nei primo Centro Territoriale di Terapie Integrate, che sarà aperto dalla Associazione Onconauti, e a seguire nel comune di Bentivoglio, nei pressi di Bologna. Questi Centri costituiscono un completamento della Rete già esistente, che comprende il Centro Komen all’Ospedale Bellaria e sei percorsi territoriali Onconauti – sottolinea Antonio Maestri – In un territorio così vasto come l’area metropolitana di Bologna, con tanti pazienti da gestire, è imprescindibile l’impiego delle sedi territoriali per portare l’assistenza oncologica ai pazienti. È presto emersa l’esigenza di omogeneizzare anche l’offerta dei trattamenti integrati tra centro e periferia. Auspichiamo che nel 2025 l’iniziativa si possa espandere in altri comuni, portando le terapie integrate in ogni zona“.
LE NUOVE EVIDENZE SCIENTIFICHE SUI TRATTAMENTI INTEGRATI – Il XII Congresso degli Onconauti ha sviluppato un proficuo confronto tra specialisti e pazienti sulle terapie integrate. “I trattamenti integrati sono scientificamente riconosciuti come un complemento indispensabile per le terapie oncologiche nel ridurre gli effetti collaterali, nel favorire il percorso riabilitativo e nel sostenere il periodo di cura – sottolinea Stefano Giordani – Inoltre, questi trattamenti sono determinanti per le recidive: la maggior parte dei pazienti, infatti, guarisce dai tumori diagnosticati, ma, nei successivi dieci anni, uno su cinque sviluppa un secondo tumore indipendente dal primo, se non per i fattori genetici e per lo stile di vita. Le terapie integrate svolgono una funzione preventiva, non solo riducendo il rischio di una recidiva della prima neoplasia, ma riducendo del 30-50% il rischio di un secondo tumore“.
L’ATTIVITÀ FISICA COME “MEDICINA” CONTRO I TUMORI – La novità più significativa è rappresentata dai dati sull’attività fisica. “Un’attività fisica strutturata può migliorare i risultati delle terapie oncologiche, sia nei tumori a basso che ad alto rischio – sottolinea Stefano Giordani – Quasi 500 studi hanno messo in correlazione l’attività fisica con la sopravvivenza e il rischio di recidiva con casi di tumore alla mammella o alla prostata. Nei primi, le pazienti con almeno mezz’ora al giorno di attività fisica, a distanza di 5-10 anni rispetto alle donne sedentarie, a parità di terapie e di caratteristiche del tumore, avevano una riduzione del rischio di mortalità complessiva del 43% e del 30% per la mortalità dovuta al tumore al seno. In sinergia con le terapie farmacologiche, l’attività fisica nelle donne operate al seno funziona quindi come un farmaco“.
“Nei tumori della prostata in sorveglianza attiva, l’attività fisica svolge diverse funzioni: rallenta la progressione del tumore, induce una remissione della malattia, inibisce la proliferazione delle cellule tumorali – conclude Giordani – In queste neoplasie, in un follow up di 10 anni, a parità delle caratteristiche biologiche del tumore e delle terapie oncologiche, vi è una riduzione del 20% del rischio di recidiva e un miglioramento di sopravvivenza del 40% rispetto agli uomini sedentari. Ciò avviene sia attraverso un meccanismo diretto, con il muscolo che produce delle “piccole molecole” in grado di rallentare le cellule tumorali, sia attraverso un meccanismo indiretto, con un’azione sul sistema immunitario che crea un ambiente più ostile allo sviluppo delle cellule neoplastiche“.
“Seguire stili di vita sani aumenta la qualità di vita e riduce la compara di recidiva di tumore nelle donne con pregressa diagnosi di neoplasia mammaria – evidenzia Stefania Gori, Direttore Dipartimento Oncologico, IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, Negrar (VR) – Per rendere le terapie integrate parte integrante del follow up, è necessario procedere con l’analisi della letteratura scientifica e arrivare a una consensus tra i vari esperti in questo ambito dell’oncologia: proprio in questi giorni è stato pubblicato il consensus di AIGOM-Associazione Italiana dei Gruppi Oncologici Multidisciplinari sul follow up del carcinoma mammario in fase precoce che, tra i vari punti, sottolinea la necessità di una riabilitazione psicologica e fisica, controlli della salute dell’osso, ginecologica e cardiologica, e di adottare uno stile di vita sano. In sintesi, la necessità di un follow up integrato. Il tutto dovrà essere condiviso poi a livello istituzionale“.