Emanuela Orlandi. Pietro, appello a Benedetto XVI, “non si porti i segreti nella tomba”

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Agenpress –  “Il mio appello a fare giustizia e a darci verità lo rivolgo non a Francesco, Papa che so essere chiuso nei confronti della vicenda di Emanuela, ma a Ratzinger, che ancora indossa la veste bianca, è ancora Papa Benedetto ed era vicinissimo a Giovanni Paolo II: ora, che a 93 anni si avvicina al Padre, se sa qualcosa, abbia un rigurgito di coscienza e lo dica, non si porti segreti nella tomba come Wojtyla”. Lo dice  Pietro Orlandi, fratello di Emanuela nel giorno in cui ricorrono i 37 anni dalla scomparsa della ragazza.

Oggi dalle 18 alle 20, la 15enne cittadina vaticana sarà ricordata con un sit-in in piazza Sant’Apollinare a Roma, il luogo dove di fatto fu vista per l’ultima volta.  “Di momenti di illusione di aver ritrovato Emanuela viva ce ne sono stati tanti in questi 37 anni. Però, quello in cui noi eravamo veramente convinti di andare a riprendere mia sorella risale al 1993, cioè 10 anni dopo la scomparsa. Quella volta io, mia madre e mio padre ci recammo in Lussemburgo perché da segnalazioni attendibili e da foto che ci erano arrivate, sembrava che Emanuela fosse tenuta all’interno di un convento di suore di clausura”, dice Pietro.

“Quindi partimmo non con l’intenzione di andare a verificare ma di andare finalmente a riabbracciare Emanuela. Con noi c’era tutto il gruppo di inquirenti che indagava sulla scomparsa di mia sorella, tra cui: il giudice Adele Rando e il capo della squadra mobile di Roma Nicola Cavaliere. Furono proprio loro a portarci presso la questura di Lussemburgo. Gli stessi magistrati erano convinti che stavolta era fatta, che avevamo tutti insieme ritrovato Emanuela e noi ovviamente eravamo al settimo cielo per la gioia al punto che mentre mia madre era nella stanza dove c’era questa suora che avrebbe dovuto essere Emanuela, io insieme al dottor Cavaliere mi misi al telefono con tutti i giornalisti italiani dicendo loro ‘preparatevi che torniamo in Italia con mia sorella’. Questo per dire che non avevamo dubbi, quella volta eravamo veramente convinti di averla ritrovata. E invece appena mia madre tornò dall’incontro capii subito dalla sua faccia disperata che quella suora purtroppo non era Emanuela. Comunque, non molliamo nemmeno dopo 37 anni perchè restiamo convinti che prima o poi arriveremo alla verità sulla scomparsa di mia sorella, nella speranza che il Vaticano finalmente accetti di sentirmi”.

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