AgenPress. L’eccidio di Marzabotto, noto anche come strage di Marzabotto, fu uno degli episodi più tragici della Seconda Guerra Mondiale in Italia, perpetrato tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944. L’episodio avvenne sull’Appennino emiliano, principalmente nei comuni di Marzabotto, Monzuno e Grizzana Morandi, in provincia di Bologna, ad opera delle truppe naziste della 16ª Divisione SS “Reichsführer”.
Le forze tedesche, guidate dal maggiore Walter Reder, attuarono una vasta operazione di rappresaglia contro la popolazione civile, accusata di sostenere le formazioni partigiane della zona, in particolare la Brigata partigiana Stella Rossa. Questa operazione fu parte di una più ampia campagna di repressione antipartigiana nell’Italia settentrionale.
Durante il massacro, furono uccise almeno 770 persone, tra cui molti bambini, donne e anziani. I metodi usati dalle truppe naziste furono particolarmente brutali: le vittime furono rastrellate, fucilate e, in molti casi, i corpi furono bruciati o fatti esplodere con cariche di dinamite.
L’eccidio di Marzabotto è ricordato come uno dei crimini di guerra più gravi commessi dalle truppe naziste in Italia. Dopo la guerra, Walter Reder fu processato e condannato all’ergastolo nel 1951 dal tribunale militare italiano, ma fu rilasciato nel 1985. La sua liberazione sollevò notevoli polemiche in Italia e all’estero.
Ogni anno, a Marzabotto, si tengono cerimonie commemorative per onorare le vittime e ricordare uno degli episodi più dolorosi della Resistenza italiana e della storia del paese.