AgenPress. Arthur Schnitzler raccontò di Giacomo Casanova inventandosi la finzione delle sue avventure. Un gioco brillantemente letterario che riesce a pochi se non si conosce profondamente il personaggio di cui si vuole parlare. Ma Schnitzler conosce molto bene Casanova.
Limiti realtà difetti e virtù. “Il ritorno di Casanova”, dunque. Ma quale è il punto nevralgico di questo racconto? L’aver detto e scritto l’indicibile. Casanova è tale soltanto perché è Casanova. Ovvero non un avventuriero. Ma l’uomo che riesce a costruire il mito di sé stesso perché aveva ben capito che la vita è una passeggiata nel cercare di forzare il destino.
I viaggi le donne le città i duelli il vagabondaggio sono il tutto per tentare di sconfiggere un percorso di morte. La sfida è il racconto di tutto. Sia Roberto Gervaso che Piero Chiara si inventeranno la verità mai detta prima di Casanova. Ci riusciranno perché in parte si sono immersi in Casanova.
Il fatto è che se non vivi come Casanova non si potrà mai conoscerlo fino in fondo. Non è un Dongiovanni. Piuttosto un Donchisciotte senza Sancio. D’altronde le sue memorie sono infinite. Vissute fino all’estremo e giocate sino all’inverosimile. Schnitzler ha capito tutto in questo suo pellegrinaggio.
La seduzione è una parte di Casanova. L’altra parte è cercare di sedurre chi si rifiuta a ogni piacere. Mi meraviglio come Manzoni non si sia dedicato a Casanova nel costruire gli estremi di Lucia e di Gertrude. La donna non seducibile e la donna che ama essere sedotta. Ma il fatto è ancora un altro. Casanova non ama la donna che vuole essere sedotta. Lì il gioco è facile.
Cerca la donna che fugge. Lui che è un fuggiasco di mestiere. Un anarchico sedotto anche lui dal potere. Il potere non come esercito politico. Bensì come arte.
Il fascino dell’inganno senza peccato. Le suore sedotte e amate per il piacere da esternare nell’atto stesso è una affascinante commedia. Non esiste la non corruzione in amore. Può esistere la bellezza virtuosa? Esiste per Casanova la bellezza affascinante. Il fascino non è virtù moralità astinenza. Il fascino è piacere. Altrimenti sarebbe statuale. Il corpo ha la virtù del fascino. Ma quale sarebbe lo scopo se manca il piacere?
Casanova rischia la vita per i piaceri. È preferibile una vita eternamente salottiera o una vita in azione e sempre in trincea? La donna virtuosa senza sensualità per Giacomo non aveva senso.
Lui ha vissuto la vita che molti di noi vorrebbero vivere? Schnitzler dirà: “…non rimpiangeva niente. Aveva vissuto la sua vita come nessuno altro; e non la viveva ancora oggi?”.
La sua lezione irriverente era sempre quella di mentire per non scivolare nel giudizio di una ipocrita versione del moralismo. Devi sempre mentire se vuoi che le cose vadano sempre bene almeno su questa terra: una sua lezione di vita. Sarà vero? Ma sì che è vero, se si leggono le sue memorie immediatamente si tocca la conferma.
Non un avventuriero dunque? Ma visse di avventure. Non so neppure fino a che punto fosse addolorato per aver lasciata la sua Venezia.
Spia? Ma no. Semplicemente un agente segreto. Resta il fatto che seppe sempre cavarsela. Intelligente sino all’inverosimile. Non sarebbe evaso dai Piombi. O lo misero in condizioni di evadere?
Ogni leggenda si tramanda e ogni storia sembra vera. Ma perché si cerca la verità?
C’è chi sostiene che si innamorò di tante donne perché in loro cercava sempre quella madre che lo aveva abbandonato. La solita giustificazione psicologica. No. Non è assolutamente così. Casanova amò le donne per tentare di sconfiggere il tempo. Quando il tempo sconfisse lui si lasciò morire. In fondo cercò di restare sempre giovane. L’unica sfida impossibile che non vinse.
Giacomo Casanova. Un irriducibile mentitore che volle sconfiggere il tempo che chiese alla giovinezza di non invecchiare.
La giovinezza non invecchiò ma lui divenne vecchio e cadente e la solitudine lo condannò al tempo della vecchiaia.
PS. Ho usato diversi modi verbali. Si tratta di un gioco libero di coniugare il pensiero con i tempi grammaticali.
Pierfranco Bruni