Cartabellotta (Fondazione GIMBE): questa non è una riforma sanitaria a tutti gli effetti

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I soldi in più andrebbero dati al SSN per aumentare personale, non ai privati accreditati


AgenPress. Questa mattina è intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus, ospite della trasmissione di approfondimento ‘L’Italia s’è desta’ condotta dal direttore del giornale radio Gianluca Fabi e da Roberta Feliziani, Nino Cartabellotta (Fondazione GIMBE) che rispetto al ddl sanità ha dichiarato: “il ministro Schillaci aveva messo in piedi una bozza completa per affrontare il problema della sanità, ovviamente con i tempi dovuti perché non è una questione che si risolve con la bacchetta magica vista la richiesta di molte risorse, la  riorganizzazione dei servizi, la collaborazione delle aziende sanitarie, dei cittadini ecc., poi però questo programma lo ha amputato in due pezzi.”

E ha precisato: “sicuramente ci sono delle cose di grande importanza anche strategica, cioè il fatto di istituire una piattaforma nazionale per le liste d’attesa gestita dall’AGENAS, o anche l’aver deciso che tutte le prestazioni erogate anche dal privato accreditato vadano a essere rese disponibili nel CUP unico regionale, in modo tale che ogni regione sa su quante prestazioni può contare, sia per fare la programmazione, sia per evitare situazioni di opportunismo.”

Secondo Cartabellotta i problemi potrebbero riguardare anche “questo surplus di lavoro previsto il sabato e la domenica. Non dimentichiamo che esiste una direttiva europea sui turni di riposo che spettano ai lavoratori, esattamente 11 ore al giorno.”

Rispetto alla questione del privato ha detto “questi soldi in più che vogliono dare l’anno prossimo al privato accreditato, perché invece non li danno al servizio sanitario nazionale per aumentare il personale visto che il nodo della questione è sempre quello? Perché il grosso problema è che noi abbiamo una quantità di professionisti che non sono sufficienti a erogare le prestazioni necessarie.”

Secondo Cartabellotta: “c’è bisogno di una grossa collaborazione delle regioni che, non essendo state preventivamente consultate, ieri hanno annunciato una serie di richieste di modifiche al decreto. Perché è evidente che una operazione di questo tipo dove c’è una legislazione concorrente dove la programmazione la fa lo stato e l’organizzazione la fanno le regioni, le regioni ovviamente vogliono essere coinvolte.”

E sull’abolizione dei budget di spesa delle aziende sanitarie ha detto: “i  problemi dell’organizzazione a livello capillare del singolo ospedale, della singola area, è particolarmente complesso. È indirettamente collegato alla questione delle liste d’attesa. Questa non è una riforma sanitaria a tutti gli effetti-ha ribadito Cartabellotta- una riforma sanitaria reale che servirebbe al paese è passare da un meccanismo di rimborso a prestazione a un meccanismo di rimborso a risultato di salute. Se c’è il risultato ti pago se non c’è nessun risultato non ti pago. La mia impressione, il fatto di concentrarci solo sulle liste d’attesa, ci sta facendo perdere di vista il problema principale, perché oggi quello che pare sia diventato il grande e unico problema della sanità pubblica è quello di erogare una prestazione sanitaria in tempi brevi. Però quello che oggi abbiamo realmente perduto è la capacità della sanità pubblica di prendere in carico i pazienti, soprattutto quelli cronici”, ha concluso.

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