25 Aprile a Genova: l’omaggio del Presidente Mattarella alla città che si liberò da sola

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In occasione dell’80° anniversario della Liberazione, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sceglie Genova per rendere omaggio a una città che seppe conquistare da sola la propria libertà.

Costantino Del Riccio, Presidente del Comitato consultivo della Fondazione Insigniti OMRI, offre una riflessione profonda e documentata sul ruolo storico della città nella Resistenza.


AgenPress. “Il 25 aprile di quest’anno ha un significato speciale. Non solo perché ricorre l’80° anniversario della Liberazione, ma anche perché il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha scelto Genova come luogo simbolico per commemorare quella data fondativa della nostra democrazia.

La sua presenza in città non è una semplice tappa istituzionale: è un omaggio alla memoria di una comunità che, nella primavera del 1945, non aspettò che la libertà le fosse concessa. La conquistò, con coraggio e dignità, scrivendo una delle pagine più straordinarie della Resistenza italiana.

Nel panorama della lotta al nazifascismo, la vicenda di Genova occupa un posto unico. Qui, a differenza di altre città, non furono gli Alleati a liberare il territorio, ma furono i partigiani stessi, sostenuti dalla popolazione, a guidare e realizzare l’insurrezione.

Il 25 aprile 1945, il generale tedesco Gunther Meinhold firmò la resa delle proprie truppe non di fronte a un ufficiale alleato, ma davanti a un rappresentante del Comitato di Liberazione Nazionale, l’operaio Remo Scappini. Un atto che simboleggiava più di una vittoria militare: rappresentava il riscatto del popolo italiano, tornato protagonista del proprio destino.

Questa impresa non nacque all’improvviso. Mentre le truppe alleate, dopo lo sbarco in Normandia, rallentavano la loro avanzata lungo la penisola italiana, i partigiani svilupparono una visione strategica diversa. Gli Alleati tendevano a relegare la Resistenza a un ruolo marginale, ma il movimento clandestino italiano voleva di più: un’insurrezione generale, che fosse al tempo stesso militare e politica.

Nell’inverno del 1944, il CLN comprese che l’immobilismo rischiava di spezzare il legame con la società civile. Da qui la decisione di rilanciare l’azione e preparare l’insurrezione, città per città.

A Genova, i segnali di un cambiamento imminente si fecero chiari tra il 23 e il 24 aprile. Le autorità fasciste cominciarono ad abbandonare la città. Meinhold chiese alla Curia genovese, mediatrice tra le parti, un passaggio sicuro per le sue truppe. Promise di evitare distruzioni se gli fosse stato garantito un corridoio verso la pianura padana. Ma il CLN, consapevole della portata storica del momento, rifiutò le condizioni: Genova sarebbe stata liberata dai genovesi.

Il 24 aprile fu proclamata l’insurrezione. In poche ore, migliaia di cittadini affiancarono le formazioni partigiane. I comandi tedeschi furono isolati, le vie di comunicazione tagliate, i punti strategici occupati. La macchina della Resistenza funzionava con precisione, sostenuta da una rete civile compatta.

Di fronte alla determinazione della città e alla minaccia di rappresaglie sui prigionieri tedeschi, Meinhold chiese di incontrare il CLN. Il 25 aprile, nella cornice di Villa Migone, firmò la resa incondizionata. La formula era chiara: le truppe tedesche si arrendevano non agli Alleati, ma al Corpo Volontari della Libertà.

Eppure, la resa non pose fine immediata ai combattimenti. Reparti della marina tedesca si rifiutarono di riconoscerla e continuarono a combattere fino al 26 aprile. Solo il giorno dopo, il 27, le truppe alleate entrarono in una Genova ormai liberata. “A wonderful job”, dissero, ammirati, i soldati della Divisione Buffalo.

La liberazione di Genova non fu solo un episodio eroico. Ebbe conseguenze concrete sul piano militare: impedì alle truppe tedesche di attestarsi lungo il Po, aprendo la via alla liberazione di Milano e Torino. Fu un effetto domino decisivo per la fine della guerra nel Nord Italia.

Ma il costo fu alto: 300 morti, 3.000 feriti. Un sacrificio che, come ricordava Paolo Emilio Taviani, uno dei leader della Resistenza ligure, “non fu vano”. Quelle vite riscattarono l’onore di un popolo ferito dalla tragedia dell’8 settembre.

Oggi, la memoria di quella insurrezione non è solo un ricordo, ma un richiamo. Parla alle nuove generazioni, ci ricorda che la libertà va difesa, sempre. E che la democrazia non è mai scontata.

Il Presidente Mattarella, nella sua visita, non celebrerà soltanto un evento storico, ma rinnoverà un impegno collettivo: quello di non dimenticare, di onorare il coraggio di chi ha combattuto e di custodire, ogni giorno, i valori su cui si è fondata la nostra Repubblica.

Perché la storia della democrazia italiana comincia anche da Genova, da una città che seppe dire “basta” e che trovò dentro di sé la forza per rinascere

*Costantino Del Riccio, Presidente del Comitato consultivo della Fondazione Insigniti OMRI per la Comunicazione istituzionale.

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