AgenPress. “Io credo innanzitutto che rispetto a un tema che, come questo, coinvolge la vita delle persone, bisogna avvicinarsi in punta di piedi, e credo che si stia procedendo soprattutto da un’area radicale in maniera molto ideologica, che non tiene conto realmente della vita e della sofferenza di tante persone. Una legge nazionale non serve, c’è certamente da declinare determinate indicazioni che già sono arrivate dalla Consulta, ma già si sta lavorando in Commissione giustizia al Senato.
È un tema che coinvolge vari aspetti da un punto di vista etico, da un punto di vista giuridico, sociale, sanitario, amministrativo e politico. Principalmente si parla della vita delle persone. È acclarato che chi chiede di morire fondamentalmente è chi è lasciato solo, non solo lui ma anche la famiglia. Dobbiamo pensare che dietro a un malato terminale esiste una famiglia che si accolla non solo la sofferenza del familiare, ma tutti i costi che comportano l’assistenza. C’è un tema di cure palliative che è fondamentale”.
Così Olimpia Tarzia, Responsabile Nazionale del Dipartimento Bioetica e Diritti Umani di Forza Italia, intervistata da Francesco Borgonovo a Calibro 8 su Radio Cusano Campus.
“Sul piano giuridico – continua – in Toscana si è interpretato ciò che ha detto la Consulta come un diritto a morire, che però non esiste: la Consulta non ha mai parlato di questo. Sia la sentenza 242 del 2019 che la 135 del 2024 escludono chiaramente che si possa arrivare a una sorta di diritto alla morte, anzi ribadiscono che tutto il nostro ordinamento tutela e riconosce il diritto alla vita come primo diritto fondamentale. È chiaro che poi va valutata, in determinate situazioni molto circoscritte, l’eventuale non punibilità. Qui c’è una manipolazione totale proprio da un punto di vista giuridico di quanto ha detto la Consulta.
Sul piano sanitario amministrativo, parto da un concetto di base: le Regioni non hanno competenza in materia di leggi che riguardano l’intera comunità nazionale.” “Queste fughe in avanti – conclude Tarzia – le considero delle fughe all’indietro, perché veramente si va contro quelli che sono i diritti umani. Sono però assolutamente incostituzionali. C’è chiaramente una spinta di impostazione ideologica in alcune Regioni, ma c’è anche una disparità: se, ad esempio, la Toscana parte con questo tipo di azioni e di atti amministrativi sanitari, si crea comunque una disparità a livello nazionale, e questo non è accettabile. Rischiamo di fomentare una sorta di turismo di morte, non saprei come chiamarlo. Ma aggiungo anche che, dato che poi questi casi devono passare dalle commissioni etiche, che comunque stanno nelle varie Asl, anche in una stessa Regione si possono creare disparità di valutazioni.
Io credo sia una stortura che, tra l’altro, al di là del fatto giuridico, tecnico e amministrativo, diffonde una cultura, una mentalità dello scarto: una società che di fronte a una persona sofferente, anziché mettere tutte le risorse, anche economiche (la Regione Toscana ha stanziato, se non sbaglio, 10 mila euro ogni anno per 3 anni) per ridurre (non dico eliminare) la sofferenza, elimina invece il malato.”