AgenPress. Viviamo un’epoca di grande incertezza sul fronte internazionale. Il mondo, uscito stremato dalla pandemia – che pure aveva dato vita a forme di solidarietà tra Stati che inducevano alla speranza che si riproducessero a livello politico generale – non ha imboccato la strada della collaborazione.
Appare, al contrario, segnato dal proliferare di conflitti, da una corsa alla frammentazione, anche economica. Le istituzioni multilaterali faticano ad agire in modo efficace. Minacce transnazionali e non convenzionali, di natura ambientale, energetica, aggravano il quadro.
Gli stessi drammi migratori sono talvolta oggetto di gestioni strumentali da parte di alcuni Stati, per trasformarli in minaccia nei confronti dei vicini, in palese violazione di convenzioni internazionali liberamente sottoscritte.
Siamo di fronte al paradosso di una società globale sempre più interconnessa e interdipendente che attraversa una fase in cui si affacciano nuovamente, con ricette stantie, le sirene del settarismo nazionalistico, etnico, quando non arbitrariamente religioso.
Divisioni e fratture profonde si moltiplicano. Viene spontaneo chiedersi quale posto abbia la diplomazia in questo contesto, rispetto ad atteggiamenti e a forze – anche di natura non statuale – che si propongono di intaccare la cornice di norme e principi statuiti per assicurare ai membri della comunità internazionale interazioni stabili e ordinate secondo regole riconosciute e valide per tutti.
Non è la prima volta nella storia che gli Stati vengono messi in discussione nella loro capacità di perseguire e garantire gli interessi dei popoli e, quindi, dei loro cittadini.
Tema che appare di rinnovata attualità a fronte di operatori internazionali svincolati da ogni patria, la cui potenza finanziaria supera oggi quella di Stati di media dimensione, e la cui gestione di servizi essenziali sfiora, sovente, una condizione monopolistica.
Rinnovare fiducia nei confronti della diplomazia e nell’alta professionalità diplomatica allora non è esercizio laudatorio di maniera, ma richiamo alla responsabilità.
Anno dopo anno, la mia stessa presenza a questo appuntamento ricorrente intende testimoniare quanto sicurezza e prosperità della Repubblica dipendano anche dalla competenza e dedizione con cui svolgete la vostra opera, talvolta in contesti estremamente critici.
Sono dunque lieto di avere l’opportunità, attraverso i Capi Missione qui presenti, di rivolgere ancora una volta il mio apprezzamento a quanti operano nella rete diplomatico-consolare.
La diplomazia, esercizio di paziente tessitura strategica, è, naturalmente, strumento, proiezione dei valori propri alla comunità che si rappresenta, nel nostro caso dei principi affermati dalla Costituzione, che ispirano la presenza dell’Italia nel mondo.
Nelle democrazie mature la politica estera è motivo di naturale convergenza tra le diverse opinioni che animano il dibattito pubblico. In Italia è stato un processo che si è gradualmente affermato nei decenni, dopo la lezione degasperiana.
Unione Europea e Alleanza Atlantica hanno segnato e segnano nel profondo la collocazione della Repubblica nello scenario internazionale. Dalla coerenza di queste scelte è derivata larga parte dell’autorevolezza conquistata dall’Italia con la ricostruzione morale e materiale del Paese all’indomani della Liberazione.
La stabilità di un posizionamento la rinveniamo – come ho appena richiamato – nei principi definiti dalla Costituzione, agli articoli 10 e 11. Diritto di asilo per lo straniero cui venga impedito nel suo Paese l’esercito delle libertà democratiche, ripudio della guerra, perseguimento di pace e giustizia tra le nazioni anche attraverso limitazioni alla sovranità, in condizioni di parità con gli altri Stati.
Di qui l’integrazione d’Europa, le Convenzioni internazionali, di qui le Corti di giustizia che ne sono derivate, a tutela dell’applicazione degli ordinamenti.
Lo sforzo incessante della nostra azione è stato diretto, quindi, a prevenire i conflitti, a elaborare soluzioni idonee a ricostruire il capitale di fiducia tra gli Stati, oggi pericolosamente eroso. Questo ha consentito alla Repubblica di acquisire influenza e credibilità, in numerosi organismi multilaterali, a partire dalle Nazioni Unite, strumento ampiamente imperfetto ma prezioso.
Paziente e determinata ricerca della pace, difesa dei diritti inviolabili della persona, capacità di sintesi tra le posizioni dei nostri principali partner sui temi prioritari dell’agenda globale, sono gli sforzi evidenti, messi in campo anche nell’esercizio della Presidenza del G7.
Nel complesso delle attività svolte, l’Italia ha dimostrato di saper coniugare la consapevolezza delle proprie scelte di collocazione internazionale con la capacità di interpretare le sensibilità di Paesi, a tratti distanti in termini di sensibilità, interessi, livello di sviluppo o matrice culturale.