AgenPress – Per quanto riguarda il futuro di Filippo Turetta, la condanna alla massima pena – come hanno ricordato in udienza anche il pm e i vari legale – non vuol dire “fine pena mai”. La Corte d’Assise di Venezia non ha disposto l’isolamento diurno, decisione su cui anche il pm Andrea Petroni aveva concordato, in sede di requisitoria. Secondo la legge, in caso di comportamento esemplare dopo 10 anni – ma uno è già scontato, quindi sono 9 – gli potranno venire accordati dei permessi per frequentare percorsi formativi professionalizzanti all’interno o all’esterno del carcere. Dopo 26 anni – 21 se il comportamento sarà irreprensibile – sarà possibile ottenere la semilibertà. Il tutto comunque dopo il vaglio del Tribunale di Sorveglianza, e dopo che la condanna diventerà definitiva.
Intanto il padre di Giulia, parlando della sentenza ha dichiarato che “per me c’era anche la crudeltà e lo stalking mi sembrava fuori discussione. Se non c’è con centinaia di messaggi al giorno e 75 coltellate, non so allora cosa siano queste aggravanti”.
“Mi alzerò domani come mi sono alzato ieri, sempre con lo stesso sentimento – aggiunge – mi manca una parte di famiglia, un dolore che vivo tutti i giorni. La mia sensazione è che abbiamo perso tutti, una sensazione strana che ha sorpreso anche me. Penso che la violenza di genere non si combatta con le sentenze, bisogna fare un salto culturale, ci vuole più formazione, più rispetto, più benevolenza. Dovremmo fare di più come essere umani, in questo senso mi sento sconfitto. Non ero mai stato in un’aula di giustizia. Mi sembra di aver capito che il pm ha fatto un ottimo lavoro e a lui e agli inquirenti va tutta la mia riconoscenza” Cecchettin parla dell’avvocato di Turetta, con cui si è stretto la mano: “Mi sono sentito ferito da alcune parole ma posso capire che il suo lavoro è stato improbo, dovendo difendere un reo confesso che ha dimostrato una grande crudeltà.
“Una sentenza giudiziaria non corrisponde sempre alla realtà dei fatti. Si chiama verità giudiziaria, ed è quello che viene riportato dal verdetto. E basta”, scrive su Instagram Elena Cecchettin attaccando la decisione della Corte di non riconoscere l’aggravante dello stalking a Filippo Turetta. “É una mancanza di rispetto anche alla famiglia”, dice, è “un’ennesima conferma che alle istituzioni non importa nulla delle donne”. E conclude: “sapete cosa ha ucciso mia sorella? Non solo una mano violenta, ma la giustificazione e il menefreghismo per gli stadi di violenza che anticipano il femminicidio”.
Una busta con tre proiettili è stata recapitata oggi a Padova allo studio dell’avvocato Giovanni Caruso, difensore di Filippo Turetta. Il legale nel prendere la corrispondenza ha aperto una lettera, dentro la quale c’erano tre cartucce. L’avvocato ha quindi contattato la questura che ha fatto intervenire presso lo studio agenti della squadra mobile, della digos e del gabinetto interprovinciale della polizia scientifica che hanno proceduto a ispezionale la busta da lettera, repertando anche le tre cartucce avvolte in un foglio di carta.
E’ stata disposta una misura di vigilanza organizzata in tre aree: l’abitazione del legale, il suo studio, e l’istituto dell’Università di Padova dove Caruso è professore ordinario di diritto penale.