Amsi: “La medicina difensiva è una delle principali cause della fuga di medici all’estero”

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AgenPress. La medicina difensiva continua ad essere una delle principali cause della fuga dei medici all’estero (38%), dall’abbandono dei pronto soccorsi (42%) e del sistema sanitario pubblico (33%), come emerso dalle statistiche dell’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI). Questi numeri preoccupanti evidenziano la necessità di interventi urgenti e significativi per fermare questo fenomeno che sta erodendo il sistema sanitario italiano.

Il Prof. Foad Aodi, presidente di AMSI, dell’Unione Medica Euromediterranea (UMEM) e del Movimento Internazionale Uniti per Unire, nonché medico e giornalista internazionale esperto di salute globale, ha commentato: “La medicina difensiva non è solo una pratica che aumenta i costi della sanità pubblica, ma è anche una delle cause principali dell’abbandono della professione da parte dei medici, in particolare tra le nuove generazioni. Questo fenomeno mina la qualità e l’efficienza delle cure, contribuendo alla precarizzazione del sistema sanitario.”

Un problema strutturale: denunce temerarie e medicina difensiva

In Italia, ogni anno si registrano oltre 35.000 azioni legali contro i professionisti sanitari, il 97% delle quali si conclude con un’archiviazione. Tuttavia, l’effetto psicologico di queste denunce è devastante, spingendo molti medici a lasciare il Paese o a preferire settori meno esposti al rischio, come il privato.

“La medicina difensiva, che induce i medici a prescrivere esami o trattamenti non necessari per tutelarsi da possibili denunce, genera enormi costi per il sistema sanitario e sottrae risorse cruciali per la cura dei pazienti,” ha aggiunto Aodi. “È una delle principali motivazioni per cui il 38% dei medici lascia l’Italia, il 42% abbandona il pronto soccorso e il 33% sceglie il settore privato, secondo le nostre indagini.”

Prevenzione e azione

“Dobbiamo intensificare l’impegno nella prevenzione nelle aree più critiche, dove si verifica una quantità significativa di medicina difensiva. Al primo posto dobbiamo concentrarci su pronto soccorso, chirurgia, neurochirurgia, chirurgia plastica, ginecologia, neonatologia, ortopedia e chirurgia vascolare. Dobbiamo poi estendere la nostra attenzione anche alle aree diagnostiche, come diagnostica per immagini,Rx, risonanza magnetica ed ecografie,” ha sottolineato Aodi ,Membro del Registro Esperti Fnomceo e già 4 volte Consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma e Docente all’università di Tor Vergata.

“Nei paesi stranieri, dal punto di vista culturale, non c’è la stessa facilità nel denunciare i professionisti della sanità. È fondamentale combattere tutte le cause che alimentano le denunce contro i medici, come la pubblicità inappropriata sui social media, che alimenta la ‘denuncia facile’, o i medici che istigano i pazienti a denunciare i colleghi,” ha aggiunto il presidente di AMSI. “Occorre cambiare questa cultura e, soprattutto, intensificare la collaborazione interprofessionale, anziché puntare sullo scontro.”

Sostegno alla riforma sulla colpa medica

La proposta di riforma sulla responsabilità medica, che punta a limitare la responsabilità penale ai soli casi di colpa grave, è un passo significativo per ridurre il fenomeno delle denunce temerarie. La Commissione nazionale sulla colpa medica, istituita dal Ministero della Giustizia, ha elaborato un progetto che modifica l’articolo 590-sexies del Codice Penale e introduce un nuovo articolo (590-septies), per precisare i parametri di responsabilità e ridurre i costi legali per lo Stato. Inoltre, si propone di alleggerire l’interpretazione delle linee guida, permettendo una maggiore flessibilità per i medici, e si intende estendere lo scudo penale anche in situazioni non emergenziali. Un altro aspetto importante riguarda l’introduzione di un onere della prova più ampio per chi intraprende azioni legali.

Aodi ha commentato: “Questa proposta di riforma non mira a garantire impunità ai medici, ma a trovare un perfetto equilibrio tra la tutela del paziente e la serenità dell’operatore sanitario. L’obiettivo è ridurre il carico delle azioni legali infondate, che rappresentano un costo enorme per la sanità pubblica e contribuiscono all’abbandono della professione. Una medicina serena e protetta è di beneficio per tutta la collettività.”

Un appello per la collaborazione e il cambiamento culturale

Il presidente di AMSI e Uniti per Unire ha ribadito che la lotta contro la medicina difensiva richiede l’impegno condiviso di politica, istituzioni, professionisti e società civile: “Dobbiamo promuovere un cambiamento culturale che restituisca dignità alla professione medica e ristabilisca la fiducia tra pazienti e operatori sanitari. Solo così potremo garantire un sistema sanitario più sostenibile e attrattivo per le nuove generazioni di medici.”

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