AgenPress – “Nel 2023 Differenza Donna ha accolto un totale 2128 donne, delle quali 532 provenienti da paesi extra-europei. Di queste 532 donne , 162 sono state accolte nei nostri centri dedicati alle donne richiedenti asilo e vittime di tratta ed è emerso che 19 hanno parlato espressamente delle mutilazioni genitali femminili ed hanno sostenuto la richiesta di protezione internazionale sulla base del rischio”.
Lo hanno detto Ilaria Boiano e Cristina Laura Cecchini dell’ufficio legale dell’Associazione Differenza Donna durante l’audizione in Commissione Straordinaria per le Tutela e Promozione dei Diritti Umani del Senato.
“Sebbene da 18 anni in Italia le mutilazioni genitali femminili siano considerate un reato sono stati soltanto 5 i processi celebrati. Ciò è dovuto al fatto che si tratta di un fenomeno sommerso e dunque mancano dati certi. La legge prevedeva l’istituzione di un Osservatorio e di campagne informative, mai attivati.
Secondo stime non recenti, hanno spiegato, l’Italia è il secondo Paese dopo la Francia con la più alta popolazione di ragazze provenienti da Paesi praticanti le mutilazioni genitali: si parla di 76.040 minori esposte a rischio”.
C’è però, hanno sottolineato, un aumento della consapevolezza visto che le richieste d’aiuto “nella nostra associazione vengono dalle madri che vogliono proteggere le figlie dalla grandissima sofferenza che tale pratica produce”, mentre in passato erano proprio le madre a sottoporle a questa pratica. Le donne più a rischio provengono soprattutto dal Senegal, dalla Somalia, dall’ Eritrea e dall’Egitto. Il problema, secondo Differenza donna, è che la ribellione alla mutilazione genitale femminile “non è ancora pienamente riconosciuta nelle pratiche per lo status di rifugiato in Italia” e anche che molti dei Paesi in cui viene praticata “vengono considerati dall’Italia paesi sicuri”.