“Dilexit nos”, la quarta Enciclica di Papa Francesco

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AgenPress. “Ci ha amati”, dice San Paolo riferendosi a Cristo, per farci scoprire che da questo amore nulla «potrà mai separarci. Inizia così la quarta Enciclica di Papa Francesco, intitolata dall’incipit “Dilexit nos” e dedicata all’amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo: “Il suo cuore aperto ci precede e ci aspetta senza condizioni, senza pretendere alcun requisito previo per poterci amare e per offrirci la sua amicizia: Egli ci ha amati per primo. Grazie a Gesù «”bbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi”.

In una società – scrive il Papa – che vede moltiplicarsi “varie forme di religiosità senza riferimento a un rapporto personale con un Dio d’amore”, mentre il cristianesimo spesso dimentica “la tenerezza della fede, la gioia della dedizione al servizio, il fervore della missione da persona a persona”, Papa Francesco propone un nuovo approfondimento sull’amore di Cristo rappresentato nel suo santo Cuore e invita a rinnovare la sua autentica devozione ricordando che nel Cuore di Cristo “possiamo trovare tutto il Vangelo”: è nel suo Cuore che “riconosciamo finalmente noi stessi e impariamo ad amare”.

Il primo capitolo, “L’importanza del cuore”, spiega perché serva “ritornare al cuore” in un mondo nel quale siamo tentati di “diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato”. Lo fa analizzando cosa intendiamo per “cuore”: la Bibbia ce ne parla come di un nucleo “che sta dietro ogni apparenza”, luogo dove “non conta ciò che si mostra all’esterno o ciò che si nasconde, lì siamo noi stessi”. Al cuore portano le domande che contano: che senso voglio che abbiano la mia vita, le mie scelte o le mie azioni, chi sono davanti a Dio.

Il Papa sottolinea che l’attuale svalutazione del cuore nasce “nel razionalismo greco e precristiano, nell’idealismo postcristiano e nel materialismo”, così che nel grande pensiero filosofico si sono preferiti concetti come quelli di “ragione, volontà o libertà”. E non trovando posto per il cuore, “non è stata sviluppata ampiamente nemmeno l’idea di un centro personale” che può unificare tutto, e cioè l’amore. Invece, per il Pontefice, bisogna riconoscere che “io sono il mio cuore, perché esso è ciò che mi distingue, mi configura nella mia identità spirituale e mi mette in comunione con le altre persone”.

Il testo si conclude con questa preghiera di Francesco: “Prego il Signore Gesù che dal suo Cuore santo scorrano per tutti noi fiumi di acqua viva per guarire le ferite che ci infliggiamo, per rafforzare la nostra capacità di amare e servire, per spingerci a imparare a camminare insieme verso un mondo giusto, solidale e fraterno. Questo fino a quando celebreremo felicemente uniti il banchetto del Regno celeste. Lì ci sarà Cristo risorto, che armonizzerà tutte le nostre differenze con la luce che sgorga incessantemente dal suo Cuore aperto. Che sia sempre benedetto!” .

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