L’unico barlume di speranza sembra arrivare dalle esortazioni del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha più volte invitato la maggioranza ad agire con diligenza nella nomina dei giudici della Corte. Un ruolo certamente delicato, che non può essere subordinato alle logiche politiche di chi ci governa, ma dovrebbe rappresentare la più limpida manifestazione istituzionale del nostro Paese.
Tuttavia, a Palazzo Chigi sembrano aver confuso le elezioni con una lotteria e, peggio ancora, le istituzioni con un ippodromo dove si scommette sul cavallo vincente. A destra hanno finora ignorato il monito del Capo dello Stato e l’invito del Presidente della Consulta di provvedere prontamente alla nomina del nuovo giudice costituzionale che dovrà sostituire la Silvana Sciarra, il cui mandato è scaduto l’11 novembre scorso.
Sette sono state le votazioni svoltesi in Parlamento, tutte senza esito, e segnate da una scarsa partecipazione e dal disinteresse generale di tutti i gruppi parlamentari. Ad aggravare la situazione è il gioco della maggioranza, che sembra voler attendere la scadenza di dicembre, quando terminerà il mandato dei tre giudici della Corte Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti, per concedere magari un giudice all’opposizione, evitando così malumori. Una sorta di “prendi 3, paghi 1”.
Dopo la monopolizzazione del servizio pubblico e l’oscuramento del dissenso dai Tg di Stato, la “melonizzazione” delle istituzioni italiane prosegue. Giorgia Meloni è ora sempre più vicina al suo amico Viktor Orbán.