AgenPress. Il Papa presiede a San Pietro la veglia penitenziale che conclude il ritiro di preparazione al Sinodo.
Sono presenti circa 2500 i fedeli presenti in Basilica, tra cui tutti i membri dell’assise sinodale, disposti su sedie e panche che viste dall’alto riproducono la forma della croce. Partecipano a questo momento di preghiera, riconciliazione, “sinodalità”, organizzato da Segreteria generale del Sinodo e Diocesi di Roma in collaborazione con Usg e Uisg e aperta in particolare ai giovani. È a loro che, alla vigilia di questa ultima tappa del percorso sinodale, vogliono mostrare il volto di una Chiesa che vuole camminare verso la purificazione e la trasparenza. Un gruppo di ragazzi e ragazze è in prima fila. Il Papa si rivolge loro quando, nella sua riflessione, scandisce: “Noi abbiamo fatto la nostra parte, anche di errori. Continuiamo nella missione per quello che possiamo, ma ora ci rivolgiamo a voi giovani che aspettate da noi il passaggio di testimonianza, chiedendo perdono anche a voi se non siamo stati testimoni credibili”.
“Chiediamo perdono, provando vergogna…” per gli abusi sessuali, di potere, di coscienza, per la guerra, il colonialismo e lo sfruttamento, per l’indifferenza verso i migranti, per il mancato riconoscimento della dignità di ogni vita umana, per aver reso le donne mute e succubi o sfruttate, per la pena di morte, per la speranza rubata ai giovani e per la dottrina usata come pietra per trattamenti disumani, per aver ceduto alle lusinghe della vanagloria e per l’autorità trasformata in potere.
Con la stola viola, il capo chino, un filo di voce, prende con sé questa umanità ferita e la presenta a Dio: “Noi siamo qui mendicanti della misericordia del Padre”, scandisce. La Chiesa “è sempre Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca di perdono”, non solo dei giusti e dei santi. “Nessuno si salva da solo, ma è vero ugualmente che il peccato di uno rilascia effetti su tanti: come tutto è connesso nel bene, lo è anche nel male”, afferma il Papa, “solo curando le relazioni malate, possiamo diventare una Chiesa sinodale”. E confessando i peccati compiuti, possiamo recuperare una credibilità nella missione e curare le ferite.
“Di fronte al male e alla sofferenza innocente domandiamo: dove sei Signore? Ma la domanda dobbiamo rivolgerla a noi, e interrogarci sulle responsabilità che abbiamo quando non riusciamo a fermare il male con il bene. Non possiamo pretendere di risolvere i conflitti alimentando violenza che diventa sempre più efferata, riscattarci provocando dolore, salvarci con la morte dell’altro. Come possiamo inseguire una felicità pagata con il prezzo dell’infelicità dei fratelli e delle sorelle?”.