Patto di Stabilità, via libera del Parlamento Ue. Cosa prevede. Lega, FdI, FI e Pd si sono astenuti. M5s vota contro

AgenPress – Il Parlamento europeo ha approvato le nuove regole di bilancio, concordate in via preliminare con il Consiglio, che entrano in vigore da quest’anno per la preparazione delle “finanziarie” del 2025. Ora al Consiglio non resta che adottare la riforma del patto di stabilità in via formale. La direttiva per la nuova governance economica dell’Europa è stata approvata con 359 voti favorevoli, 166 contrari e 61 astensioni. I presenti in Aula a Strasburgo erano 586.

Poco prima l’Aula aveva approvato il cosiddetto braccio preventivo della nuova norma (367 sì, 161contrari e 69 astensioni) e il braccio correttivo, con 368 voti contrari, 166 contrari e 64 astensioni.

La riforma del Patto di stabilità passerà ora al Consiglio Agricoltura di lunedì 29 aprile per il via libera definitivo.

La riforma era già stata approvata a fine dicembre dai ministri dell’Economia e delle Finanze dei 27 paesi membri dell’Unione Europea, sulla base di una proposta presentata dal Commissario europeo per gli Affari economici, Paolo Gentiloni. A febbraio il Consiglio dell’Unione Europea e il Parlamento Europeo avevano trovato un accordo su un testo molto simile a quello approvato a dicembre. Dovrà ora essere approvato formalmente dal Consiglio, e le nuove regole inizieranno a essere applicate sui bilanci presentati dagli stati per il 2025.

L’accordo votato oggi a Strasburgo prevede che i Paesi riducano il proprio passivo in media dell’1% all’anno se il debito è superiore al 90% del Pil (come nel caso dell’Italia) e dello 0,5% all’anno se il debito è compreso tra il 60% e il 90% del Pil.

Gli Stati membri dovranno lasciare inoltre un cuscinetto fiscale pari all’1,5% del Pilal di sotto della soglia obbligatoria del 3%; per costituire questa riserva, l’aggiustamento annuale dovrebbe essere pari allo 0,4% del Pil (in caso di piani di rientro da quattro anni), che potrebbe essere ridotto allo 0,25% del Pil (nei piani di rientro da 7 anni).

L’Italia è tra i paesi europei con deficit e debito pubblico più alti: secondo dati dell’Eurostat riferiti al 2023 il debito pubblico italiano è stato il secondo più alto dopo quello della Grecia, più del 137 per cento del PIL, oltre il doppio della soglia del 60. Il rapporto tra deficit e PIL è invece pari al 7,4 per cento, ben al di sopra della soglia del 3 per cento prevista dai parametri del Patto di stabilità: subito dopo vengono Ungheria, Romania e Francia, con il 5,5 per cento.

Per gli Stati che violano le regole sul deficit e che devono compiere uno sforzo fiscale annuo di mezzo punto di Pil, l’aumento dei pagamenti di interessi sarà escluso dal calcolo nel periodo 2025-27. Rimangono ovviamente le soglie del 3% del Pil per il deficit e del 60% del Pil per il debito. Tutti i paesi forniranno piani a medio termine entro il 30 settembre che delineeranno i loro obiettivi di spesa e le modalità con cui verranno intrapresi gli investimenti e le riforme. Gli Stati membri con livelli elevati di deficit o debito riceveranno indicazioni pre-piano sugli obiettivi di spesa. Le spese per la difesa saranno considerate un ‘fattore rilevante’ nel calco dei piani di rientro dal deficit. Inoltre – su richiesta del Pe – la spesa nazionale per il cofinanziamento dei programmi finanziati dall’Ue sarà esclusa dal calcolo della spesa del governo.

Nessuno dei principali partiti italiani si è schierato a favore del nuovo Patto di Stabilità. Gli eurodeputati di Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Partito Democratico si sono in larga parte astenuti. Contrari i Verdi ma anche il Movimento 5 Stelle, con Tiziana Beghin, capodelegazione a Strasburgo, che in aula ha attaccato: “Come mai tutto questo silenzio intorno a questo nuovo Patto di Stabilità? Forse perché si vuole nascondere, a poche settimane delle Europee, il ritorno dell’austerità in Europa”. Dai banchi del Parlamento europeo sono appena quattro gli italiani che hanno votato a favore delle nuove regole di governance economica. Si tratta di Lara Comi e Herbert Dorfmann (Ppe), Marco Zullo e Sandro Gozi (Renew).

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