Giornata internazionale dello sport per lo sviluppo e la pace 2024

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Il presidente della Fondazione Insigniti OMRI Prefetto Francesco: ” Il Canto degli Italiani merita di trovare posto, accanto alla bandiera, nell’articolo 12 della nostra Costituzione”

AgenPress. Ragazze e ragazzi carissimi – scrive Tagliente sulla pagina FB – è un grande piacere cogliere l’occasione della “Giornata internazionale dello sport per lo sviluppo e la pace 2024” e del Convegno-incontro organizzato dall’Associazione Nazionale Atleti Olimpici e Azzurri d’Italia, per andare oltre i temi sui risvolti positivi dello sport nella Carta Costituzionale per allargare ulteriormente l’orizzonte Rispetto a quanto sara ampiamente trattato da Novella Calligaris, Presidente nazionale dell’ANAOAI; Claudia Giordani, Vice Presidente nazionale del CONI; Franco del Campo, Consigliere nazionale del Coni oltreché autore del libro Sport e Costituzione, e sollecitarvi una riflessione sui simboli che accompagnano gli atleti olimpici e Azzurri d’Italia e in particolare su come cantare e ascoltare il Canto degli italiani.

Mi piace affrontare con voi questi argomenti – prosegue Tagliente – perché sono, da sempre, molto attento alle istanze e alle riflessioni dei giovani che considero un valore per il presente e ancor più per il futuro “ Premetto che lo sport, i simboli, i principi e i valori della Repubblica sono stati i fili conduttori di tutto il mio percorso professionale e di vita, scrive ancora Tagliente.
In particolare il tricolore e l’inno nazionale mi hanno accompagnato alle manifestazioni sportive internazionali nei momenti significativi del percorso istituzionale. Io sono stato sempre convinto che tutti gli italiani nascono con il tricolore e dell’inno nazionale cuciti in maniera invisibile sotto la pelle e che entrambi emergono, spesso inconsapevolmente, in certi momenti della nostra vita come accade nel corso delle competizioni internazionali.”
Andando al centro del tema sottolinea che “l’inno d’Italia è stato scritto nell’autunno del 1847 da uno studente e patriota genovese, di 21 anni, Goffredo Mameli, e musicato a Torino da un altro genovese, Michele Novaro.
È un inno scritto in un clima di fervore patriottico che preludeva alla guerra contro l’Austria. Si presenta quindi con numerosi riferimenti storici del passato, che richiedono però una lettura attenta e circostanziata. E’ in inno che esalta il valore e l’unità del popolo italiano, invocando l’espulsione degli stranieri dal suolo nazionale.”
“Aggiungo – scrive ancora Tagliente – che sono innamorato del nostro Inno, non soltanto perché quando lo sento cantare mi vengono i brividi, ma perché Il Canto degli Italiani racconta il momento in cui un intero popolo schiavo giura di combattere per la propria libertà. Michele Novaro, l’autore della musica, lavorava nei teatri d’opera ed era abituato ad associare i versi a una scena. E quando ricevette la poesia di Goffredo con quell’inizio così potente: «Fratelli d’Italia…», immaginò subito una scena da kolossal cinematografico, una vera e propria sceneggiatura.”
“Immaginiamola insieme questa scena da cinema – prosegue Tagliente come l’ho sentito raccontare da Michele D’Andrea, uno dei più gradi narratori storici del Risorgimento, come se fosse un copione
Scena 1, esterno giorno. In un’immensa pianura è radunato l’intero popolo italiano, circa 24 milioni all’epoca diviso in sette Stati, debole e impaurito. Improvvisamente, si sentono dei forti squilli di tromba, il segnale che sta accadendo qualcosa. Come inizia il nostro inno? Proprio con quattro forti squilli che dicono “Attenzione!”.
Scena 2, esterno giorno. La gente nella pianura cerca di capire da dove proviene quel suono e gli occhi si posano su un trono, su cui una figura meravigliosamente vestita si alza, maestosa, allarga le braccia e si prepara a parlare.
Scena 3, esterno giorno. Ecco, la figura comincia a parlare con un tono possente e solenne perché il suo messaggio è grandioso: “Fratelli d’Italia! L’Italia s’è desta! Dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa. Dov’è la Vittoria? Le porga la chioma, ché schiava di Roma Iddio la creò”. Nella partitura Novaro ha segnato Forte e con molta energia e così dovremmo cantarlo.
Scena 4, esterno giorno. La figura ha terminato e le sue parole colpiscono il cuore della gente. Novaro ha messo delle note ribattute per mostrare l’effetto di quel messaggio sulla gente, come se fossero dei pugni sullo stomaco. Per favore, non fate quell’odioso popopo-po-po-po-po! Che non c’entra niente e che anzi rende ridicolo un momento così importante.
Scena 5, esterno giorno. Gli italiani sono stupiti, increduli, basiti. Immaginateli a guardarsi l’un l’altro, scuotere la spalla del vicino, interrogarsi: “Ma cosa dice? Fratelli d’Italia? Noi, così deboli? Non ce la faremo mai…”.Ecco perché ogni strofa del nostro inno viene ripetuta due volte. A parlare, la seconda volta, è il popolo, che ripete a mezza voce, incredulo, quell’annuncio possente. È una reazione naturale, quando non si sa cosa rispondere. E Novaro descrive molto bene in partitura questo stato d’animo, traducendolo con l’indicazione “Pianissimo e molto concitato”. Il ritornello deve essere cantato a bassa voce, con un tono di paura.
Scena 6, esterno giorno. È arrivato il momento più importante del nostro inno: il momento della consapevolezza. Il popolo si convince, capisce che può essere libero. Ma allora bisogna combattere e vincere. “Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”. Se lo ripetono esaltandosi, l’entusiasmo li manda ad un crescendo incalzante che si chiude in un grido, quel sì che non c’è nella poesia di Goffredo, ma che Novaro ha messo alla fine come se fosse un giuramento: “L’Italia chiamò: Sì!”
“Questo, cari ragazzi, è il vero Canto degli Italiani. Un bell’inno veramente, se fosse suonato come lo compose Michele Novaro nell’autunno 1847 a Torino. Amatelo, perché nella prima strofa c’è tutto il nostro Risorgimento. Anche per questo, credo proprio che Il Canto degli Italiani meriti di trovare posto, accanto alla bandiera, nell’articolo 12 della nostra Costituzione.
È un impegno che ha preso la Fondazione Insigniti OMRI (Ordine al Merito della Repubblica Italiana) che ho l’onore di presiedere, e che presto avvierà in tal senso una serie di iniziative. La mia speranza è di sapervi idealmente vicini in questo percorso, perché siete voi il futuro e lo scrigno prezioso dei valori della nostra Italia.”
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