Le conseguenti investigazioni svolte dai finanzieri della Compagnia di Saronno con il coordinamento della Procura della Repubblica di Busto Arsizio, hanno permesso, dopo puntuali e scrupolosi riscontri tra i quali l’acquisizione delle le ricette compilate dal medico ed il confronto con le prenotazioni delle visite effettuate tramite il Cup dell’ospedale e con i documenti emessi a seguito di attività intramoenia, di denunciare il primario per i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato e peculato.
Il ginecologo dovrà rispondere anche del reato di peculato, perché ha utilizzato per le suddette visite materiali ed attrezzature acquistate dal nosocomio pubblico.
I finanzieri hanno sentito oltre 60 pazienti che hanno confermato come la rispettiva visita fosse avvenuta “in nero” ed al di fuori dell’ospedale. Dalle loro testimonianze è emerso che, in plurime occasioni, il medico sfruttava ai propri scopi personali il laboratorio di analisi del proprio nosocomio di appartenenza; nello specifico, dopo aver visitato presso gli studi privati le numerose pazienti, consegnava i “pap test” presso il laboratorio affinché fossero analizzati e mostrando, apparentemente, che le pazienti fossero visitate in ambulatorio istituzionale ovvero nell’ambito di attività libero-professionale intramoenia.
Secondo gli inquirenti, il valore del sequestro corrisponderebbe al profitto derivante dal presunto reato: sarebbe pari all’indennità di esclusività percepita nell’arco temporale durante il quale sono supposte le condotte illecite.
Infatti, il medico, nonostante avesse scelto di esercitare la propria attività di libero professionista solamente all’interno della struttura pubblica, percependo mensilmente un compenso aggiuntivo sulla retribuzione, avrebbe svolto anche attività libero-professionale in forma autonoma “extramoenia”.