9 maggio del 1978, l’assassinio del giornalista antimafia Peppino Impastato

AgenPress. Sono passati 45 anni dalla morte del giovane Peppino Impastato. Venne assassinato dalla mafia, nella notte tra l’8 ed il 9 maggio. Il cadavere fu ritrovato adagiato sulla ferrovia, sopra una carica di tritolo, per simulare un attentato suicida e distruggerne anche l’immagine.

Nel programma radiofonico Onda Pazza prende in giro i capimafia e i politici locali: il suo bersaglio preferito è don Tano Badalamenti (soprannominato Tano Seduto).

Nel 1978 Peppino decide di candidarsi alle elezioni comunali del suo paese nella lista di Democrazia proletaria. Assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio a soli 30 anni, risulterà comunque eletto il 14 maggio con 260 voti (anche la madre si reca a votare, violando il lutto che la vuole reclusa in casa).

“È il primo compleanno che vivo con la pace nel cuore”, dirà il 24 maggio 2002 mamma Felicia, prima donna in Italia a costituirsi parte civile in un processo di mafia, festeggiando il suo 86° compleanno.

Una piccola grande donna, che ricordiamo, insieme a Peppino, attraverso le splendide parole della poesia che Umberto Santino, fondatore e direttore del Centro di Documentazione Giuseppe Impastato, le dedicò nel 1979:

Questo non è mio figlio. Queste non sono le sue mani, questo non è il suo volto, questi brandelli di carne non li ho fatti io.

Mio figlio era la voce che gridava nella piazza, era il rasoio affilato dalle sue parole, era la rabbia, era l’amore che voleva nascere, che voleva crescere.

Questo era mio figlio quando era vivo, quando lottava contro tutti, mafiosi, fascisti, uomini d’onore, che non valgono neppure un soldo, padri senza figli, lupi senza pietà.

Parlo con lui da vivo, non so parlare con i morti.

L’aspetto giorno e notte, ora si apre la porta, entra, mi abbraccia, lo chiamo, è nella sua stanza a studiare, ora esce, ora torna, il viso nero come la notte, ma se ride è il sole che spunta per la prima volta, il sole bambino.

Questo non è mio figlio, questa bara piena di brandelli di carne non è Peppino: qui dentro ci sono tutti i figli non nati di un’altra Sicilia”.

 

 

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