Giornata Vittime Covid. Nursing Up: “90 infermieri hanno perso la vita”

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AgenPress. «90 infermieri, ma prima di tutto uomini e donne, non possiamo dimenticarlo, hanno perso la vita sul campo, per tutelare la salute degli italiani.

Oggi, nella Giornata delle vittime del Covid, è doveroso rivolgere un sentito pensiero a chi non c’è più, a chi ha sacrificato la sua esistenza contro un nemico che ci ha preso alla sprovvista, che ci ha colpito alle spalle, invisibile e subdolo, e che nei primi tempi dell’emergenza sembrava addirittura un ostacolo insormontabile e di fronte al quale, i nostri professionisti, non si sono certamente  tirati indietro.

Cosa resta oggi della tragica esperienza della Pandemia, oltre al dolore delle famiglie che hanno perso per sempre un padre o una madre, un fratello o una sorella?

Quale doverosa lezione le istituzioni hanno necessariamente appreso, almeno lo speriamo vivamente, attraverso il sacrificio dei nostri operatori sanitari?».

Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.

«Non possiamo dimenticare, quando, nei primi mesi dell’emergenza, i nostri infermieri erano totalmente lasciati alla mercé del nemico, quando mancavano i presidi di sicurezza basilari, quando si era costretti a cingersi con tute di plastica prima di entrare in corsia, o quando scarseggiavano anche le mascherine di protezione.

Ma non possono essere solo le cicatrici indelebili delle sofferenze e dello stress emotivo, da parte di chi è sopravvissuto e può raccontarlo, tra i professionisti della sanità, a fare da monito a chi doveva salvaguardare in maniera diversa la nostra incolumità e non lo ha fatto: sarebbe fin troppo scontato e retorico tornare semplicemente con la mente a ciò che è tragicamente accaduto ed elargire parole di benevolenza o di elogio. Sarebbe inutile e ridondante rivolgere a tutti loro, in questa giornata, appellativi che non ha davvero senso nemmeno più ripetere.

I numeri parlano chiaro: gli operatori sanitari che hanno contratto il virus sono saliti quasi a 480mila, di cui l’82% sono infermieri: sono i dati dell’Inail, l’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro.

Ecco l’esercito silenzioso di quelli che sono sopravvissuti al virus, e che hanno contratto l’infezione nelle corsie: professionisti che convivono spesso con i pericolosi sintomi del Long Covid, fin troppo sottovalutati e non riconosciuti come malattia professionale, mentre sindromi debilitanti come quella di burnout sono per molti di loro all’ordine del giorno.

Ed è allora nella sanità di oggi, quella in cui stiamo vivendo, che possiamo e dobbiamo tracciare un solco netto rispetto al passato, per ripartire, per ricostruire nel vero senso della parola, per fare in modo che il sacrificio di chi ci ha lasciato non sia vano e non diventi, nel tempo, addirittura un ricordo sbiadito, e per tutelare fino in fondo chi è rimasto, chi è pronto a combattere ancora per noi.

L’unico modo concreto con cui possiamo onorare la memoria degli infermieri deceduti a causa del Covid è quello di costruire un sistema sanitario finalmente degno di tal nome, mettendo nella condizione, una volta per tutte, gli operatori sanitari, di essere il perno di una sanità dove le competenze che rappresentiamo non rimangano tristemente nell’ombra della mediocrità.

La mediocrità di retribuzioni tra le più basse d’Europa, la mediocrità di una carenza di personale che si acuirà nel tempo e che va arginata con piani risolutivi prima che ricada in maniera distruttiva sulla qualità delle prestazioni sanitarie, la mediocrità di violenze fisiche e psicologiche consumate negli ospedali ogni giorno, la mediocrità di una valorizzazione che non sia più solo una parola di cui riempirsi la bocca nei momenti celebrativi.

Investire, una volta per tutte, nello straordinario capitale umano che abbiamo a disposizione è l’unica e sola strada da percorrere per voltare davvero pagina», chiosa De Palma.

 

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