Libia. I familiari dei pescatori rapiti contro ministro Bonafede. “Vergogna, vergona”

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AgenPress – I familiari dei 18 pescatori sequestrati in Libia, che stasera hanno dato vita a una manifestazione di protesta a Mazara del Vallo dopo la liberazione di una nave turca sequestrata il 5 dicembre scorso dalle milizie del generale Haftar, dall’aula consiliare dove si trovavano riuniti si sono spostati davanti l’abitazione dei genitori del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Sul posto sono arrivati Polizia, Carabinieri e Polizia Municipale. I familiari hanno inscenato la protesta al grido di “Vergogna, vergogna”.

“Questi politici devono dimettersi – dice Giuseppe Giacalone, papà di Giacomo, uno dei marittimi sequestrati – è inaccettabile che la nave turca è stata presto liberata e i nostri figli sono rinchiusi in Libia da 102 giorni”.

Lo scorso 5 dicembre i militari dell’Lna (Libyan National Army) del generale Khalifa Haftar avevano fermato la nave turca ’Mabroukà con 17 membri dell’equipaggio, rilasciati stamattina in seguito al pagamento di un’ammenda. «Sei incompetente, com’è possibile che erano a 7 miglia da Tobruk e sono già stato liberati e noi ancora qui ad urlare da 102 giorni?», si chiede Giuseppe Giacalone, armatore di uno dei pescherecci fuggiti la notte del sequestro e padre di uno dei marittimi tuttora ’in stato di fermò in Libia. Restano bloccati nel porto di Bengasi anche i due pescherecci Antartide e Medinea, fermati a 38 miglia dalle coste di Bengasi.

Al grido di ’Liberate i pescatori, i familiari stanno protestando ricorrendo a fischietti ed esponendo lo striscione simbolo della loro denuncia. Sul luogo sono presenti gli agenti della Digos. “Mio marito e gli altri uomini erano andati a lavorare, noi tasse non ne paghiamo più», dice Cristina Amabilino, moglie di uno dei pescatori, guardando verso l’abitazione in cui abitano i genitori di Bonafede. Presente sul posto anche il presidente del Consiglio comunale, Vito Gancitano, secondo cui «questa protesta fa capire tante cose, queste persone non ce la fanno più, non ci sono più parole da spendere, soprattutto dopo questo episodio (la liberazione della nave turca) se non l’ennesimo appello a tutte le istituzioni, compreso il nostro concittadino Alfonso Bonafede”.

“Chiamate vostro figlio, bisogna intervenire adesso” dicono i familiari. “Siamo completamente abbandonati e rischiamo di sentirci male fisicamente, qui ci sono donne anziane che non sanno più a che santo votarsi”, dice in lacrime Anna Giacalone, madre di uno dei 18 pescatori. Nel corso della protesta, Cristina Amabilino, moglie di un altro dei pescatori, ha telefonato in modalità viva-voce alla Farnesina, chiedendo di poter parlare con il ministro Luigi Di Maio, senza esito positivo. “La liberazione della nave cargo turca – aggiunge Anna Giacalone – dimostra che la nostra diplomazia non ha alcun peso, noi stiamo pagando perché siamo italiani”.

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