“Qui il Covid è il problema minore”, la drammatica testimonianza dal Venezuela

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Sulla complessa situazione del Venezuela, tra coronavirus e libertà negate, Interris.it ha intervistato il dott. Edoardo Leombruni, medico chirurgo presso l’ospedale di Sulmona e presidente di Ali, Associazione Latinoamericana in Italia, Onlus impegnata da anni nell’inviare aiuti umanitari alla popolazione venezuelana attraverso partenariati con Caritas diocesane e associazioni locali. 


Agenpress“Il coronavirus è solo uno dei tanti problemi che affliggono il Venezuela, e non è neppure il più grave”. A raccontare a In Terris le problematiche del Paese latinoamericano guidato dal controverso Presidente Nicolás Maduro è il dott. Edoardo Leombruni, medico chirurgo presso l’ospedale di Sulmona (Aq) e presidente di AliAssociazione Latinoamericana in Italia, una Onlus impegnata da anni nell’inviare aiuti umanitari – specialmente farmaci e presidi sanitari – alla popolazione venezuelana attraverso partenariati con Caritas diocesane e associazioni locali.

Coronavirus

L’America Latina è il nuovo epicentro della pandemia di coronavirus nel mondo, con – ad oggi – oltre 70mila persone positive nei 34 Stati del continente. Sono poche e frammentarie le notizie che arrivano dal Venezuela, stato confinante col Brasile che è la seconda nazione più colpita dal virus nel mondo, con oltre 850mila positivi e 42mila morti accertati, oltre a un numero imprecisato di persone che non hanno accesso alle cure sanitarie, quali molti indigeni amazzonici e i poveri delle grandi favelas. Per fare luce sul complesso mosaico politico e sociale del Venezuela, Paese ricco di risorse naturali ma ancora segnato da povertà diffusa, abbiamo chiesto una testimonianza esclusiva al dott. Leombruni.

La testimonianza

Dott. Leombruni, qual è la situazione Covid-19 in Venezuela?
“Non è dato saperlo per certo. Ufficialmente, secondo i dati stilati dalla Johns Hopkins University, ad oggi i positivi sono meno di 3mila e i decessi 2a. Nel vicino Brasile – con il quale confiniamo al Sud – i casi confermati sono 850mila e i morti sono oltre 42mila. Questo mi fa pensare che i casi reali siano molti di più. A riprova c’è che i dati diffusi dal Ministero della Salute sono controllati dal Governo e il bollettino ufficiale nazionale sulle malattie e sulle patologie che hanno portato alla morte non viene più pubblicato più da sette anni, da quando Maduro è Presidente”.

Ma cosa le raccontano i suoi colleghi in Venezuela?
“Ufficiosamente so per certo che i casi sono migliaia. I miei amici medici che operano sul campo mi raccontano che gli ospedali della Capitale, Caracas, così come in altri centri minori, sono pieni di malati di Covid-19”.

Le istituzioni sanitarie nazionali possono coprire l’emergenza della pandemia?
“Assolutamente no. Come detto dal Presidente delle cliniche private, in tutto il Venezuela ci sono meno di 250 posti in rianimazione per 33 milioni di abitanti! Questo significa che la situazione reale è davvero drammatica negli ospedali privati”.

E in quelli pubblici?

“Per quelli pubblici non abbiamo cifre ufficiali dei posti disponibili ma le testimonianze in loco dicono che sono pieni e – soprattutto – manca tutto: farmaci, mascherine, tamponi ma anche strumentazioni. La realtà drammatica del Venezuela è che il paziente Covid-19 con sintomi gravi non ha la possibilità neppure di accedere alle cure ospedaliere della terapia intensiva, al massimo (se è fortunato) alle cure della sub-intensiva light. Insomma, la situazione reale in Venezuela è davvero grave!”. 

Il coronavirus è l’unica malattia grave che sta affliggendo il Venezuela?
“Purtroppo no. Ci sono altre patologie importanti e mortali che in questi anni si stanno fortemente riacutizzando. La malaria [malattia che può avere esito fatale causata da protozoi parassiti trasmessi all’uomo da zanzare femmine infette del genere Anopheles, ndr], la tubercolosi [malattia infettiva causata da micobatteri, in particolare dal Bacillo di Koch, invalidante e alla lunga mortale se non tempestivamente diagnosticata e curata, ndr] e la chikungunya [malattia virale, caratterizzata da febbre e forti dolori, che viene trasmessa all’uomo da zanzare infette, ndr] sono ormai diffuse tra la popolazione”.

In Venezuela è stato applicato il lockdown?
“Sì ma non per l’emergenza Covid, bensì per la scarsità di benzina”.

Come è possibile che scarseggi la benzina nella prima Nazione al mondo per giacimenti petroliferi?
“Il Venezuela è stato uno dei grandi fornitori degli Stati Uniti. Poi, i dissidi con gli Usa hanno portato al collasso economico. I benzinai sono rimasti chiusi per mesi: davano solo 20 litri di carburante esclusivamente ai medici e ai funzionari governativi per recarsi al lavoro. Questo perché la seconda più grande raffineria di benzina del mondo, che sta in Venezuela, non è funzionante. Perciò il Paese sta comprando benzina dall’Iran, cosa che rappresenta uno dei tanti paradossi del Paese. L’unico lockdown è stato imposto non dalla pandemia, ma dall’impossibilità di potersi muovere per l’assenza concreta di  benzina. Che il Venezuela debba comprare dall’Iran il petrolio nonostante sia la Nazione con le più grandi riserve di petrolio al mondo e abbia la seconda industria più grande del pianeta per la produzione di benzina è davvero esplicativo della mediocrità dei politici locali e sul peso delle infiltrazioni criminali – in primis dei cartelli di narcotrafficanti – sulla cosa pubblica”.

Quanto costa la benzina in Venezuela?
“Nonostante, lo ripeto, sia uno dei Paesi produttori a livello mondiale, la benzina può arrivare a costare moltissimo. Ci sono infatti due prezzi per lo stesso prodotto. Coloro che hanno la cosiddetta “tessera della Patria”, la tessera del partito del Presidente Nicolàs Maduro (il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) – il più grande partito di sinistra dell’America Latina) il prezzo è contingentato. Se non hai la tessera, vale a dire non sei allineato con la linea politica del Governo, devi pagare il carburante in dollari statunitensi, vale a dire un prezzo altissimo fuori dalla portata della grande maggioranza della popolazione. Il carburante non è l’unica cosa che manca: in Venezuela la gente fa la fame. Essendo un Paese ‘chiuso’, le notizie trapelano con difficoltà, ma in realtà c’è carenza di tutto: dai generi alimentari alle medicine. Prima della rivoluzione boliviana del 1952 la povertà era attestata al 60%. Oggi, nonostante l’industrializzazione e la statalizzazione delle maggiori imprese produttive del Paese, i poveri sono l’85-90%. Vale a dire che la quasi 30 milioni di persone mangiano una volta al giorno. Mentre l’oligarchia che sta al potere, circa il 5-8% del totale – è straricca. E’ davvero una vergogna. Le persone muoiono non solo di coronavirus perché non hanno possibilità di avere delle medicine di base, quali la tachipirina o gli antibiotici, che sono impossibili da trovare e sono acquistabili solo al mercato nero a prezzi altissimi. Stesso discorso per i farmaci salva-vita: le persone si indebitano con gli usurai pur di non morire. Per venire in soccorso a queste persone, nel 2004 ho fondato, insieme un gruppo di italo-venezuelani, l’Associazione Latinoamericana in Italia (Ali)”.

Lei è presidente Ali. Cosa fa concretamente la vostra Onlus per i venezuelani?
“L’Associazione Latinoamericana in Italia (Ali) era stata costituita nel febbraio del 2004 a Sulmona per volontà di un gruppo di italo-venezuelani come me – io vivo in Italia da 30 anni – inizialmente con uno scopo prevalentemente culturale. Nel 2016, quando è iniziata la grave crisi umanitaria in Venezuela, le varie associazioni di italo-venezuelani in Italia sono confluite in Ali perché era l’unica che nel suo statuto contemplava la possibilità di inviare aiuti umanitari e gestire prodotti quali farmaci e presidi sanitari. Il passo successivo è stato quello di trasformarci in una Onlus per metterci in regola con la legge Gadda del 14 settembre 2016 sulla riduzione degli sprechi, sia alimentari sia dei farmaci. Oggi siamo oltre 150 volontari presenti in tutta Italia, dal Trentino alla Sicilia, in massima parte italo-venezuelani, ma ci sono anche altri immigrati sudamericani e numerosi ‘autoctoni’”.

Come fate a inviare i farmaci?
“L’Ali aderisce al Programa de Ayuda Humanitaria para Venezuela Inc. (Pahpv Inc.), un’organizzazione non governativa statunitense, con sede a Miami, costituita nel 2014 da Marisol Dieguez. Il Pahpv riceve le donazioni che arrivano da tutto il mondo e le spedisce in Venezuela tramite un accordo internazionale. L’Italia – lo dico con orgoglio – è la prima Nazione in Europa per farmaci inviati!”.

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