Agenpress. Il cambiamento è “conversione”. Non è “indossare un nuovo vestito, e poi rimanere come si era prima”. Nel tradizionale discorso alla Curia Romana per gli auguri natalizi, in Papa ha citato il card. Newman, in positivo, e la frase più celebre de “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa – “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” – per spiegare il senso autentico della sua opera di riforma della Chiesa. “Non siamo nella cristianità, non più!
Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati“, ha detto Papa Francesco annunciando “cambiamenti” e “mutate attenzioni”, all’interno del processo di riforma, in particolare su alcuni dicasteri della Curia Romana: la Congregazione per la Dottrina della Fede, la Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, il Dicastero della Comunicazione e il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. “Dobbiamo avviare processi e non occupare spazi”.
“Servire i più deboli ed emarginati, in particolare i migranti forzati, che rappresentano in questo momento un grido nel deserto della nostra umanità”. È uno dei compiti principali del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. La Chiesa è chiamata a ricordare a tutti che non si tratta solo di questioni sociali o migratorie ma di persone umane, di fratelli e sorelle che oggi sono il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata”.
“L’umanità è la cifra distintiva con cui leggere la riforma”, spiega Francesco, mettendo ancora una volta in guardia “dalla tentazione di assumere l’atteggiamento della rigidità”, che “nasce dalla paura del cambiamento e finisce per disseminare di paletti e di ostacoli il terreno del bene comune, facendolo diventare un campo minato di incomunicabilità e di odio”.