Agenpress. Sono passati 9 anni dalla legge che ha riconosciuto in Italia la dislessia come un disturbo dell’apprendimento.
“Il Miur in questi anni ha investito tanto sulla formazione” specifica a In Terris Sergio Messina, Presidente dell’Associazione Italiana Dislessia – “dal 2010, cioè da quando i disturbi specifici dell’apprendimento sono stati riconosciuti a livello nazionale, è migliorato anche il coordinamento fra i genitori e le aziende sanitarie”.
Oggi si apre la Settimana Nazionale della Dislessia, che rappresenta l’occasione per capire quanto ancora va fatto in relazione ai provvedimenti in altri Paesi. Lo spunto è fornito dal titolo dell’iniziativa scelto per la settimana dall’AID: Diversi e uguali: promuoviamo l’equità. “Quello che chiediamo – dichiara Messina – è puntare a una didattica inclusiva, cioè buona per tutti, anche per i normo-lettori”. Per l’Associazione, la richiesta di una strategia di apprendimento equa è utile a tutti gli studenti, “perché per mezzo di essa si favoriscono tutti e chi è affetto da DSA non si sente emarginato“. Se dal punto di vista normativo – ricorda il presidente – l’Italia è ritenuta un modello virtuoso, rimane, tuttavia, da sciogliere il nodo dell’inclusione sociale, soprattutto nella scuole: “Il ragazzo dislessico – avverte Messina – ha piena consapevolezza delle proprie difficoltà e, se non è supportato, si sente anomalo.
Questo crea un circolo vizioso in cui si può essere vittime di bullismo e, al disturbo certificato, può associarsi un disagio psicologico“. La soluzione è, secondo Messina, la diagnosi precoce: “Un’adeguata procedura di screening di identificazione precoce, insieme a testi specialistici, possono permettere di lavorare sull’autostima”. Le leggi hanno già favorito la consapevolezza del disturbo a livello nazionale. I passi più importanti – sottolinea l’AID – vanno ora fatti nelle scuole e nei contesti appropriati, dove sono in atto ancora distanze.
Le ragioni alla base di questa disomogeneità dei DSA riguarda, come sottolinea Messina, “la mancanza di organizzazioni di rete”. In sostanza, la legge 170 del 2010 prevede, secondo l’accordo Stato-Regione, che le singole regioni varino una legge ad hoc nel loro territorio: “Spesso, però, mancano i decreti attuativi e, con essi, lo spazio di quelle che sono le organizzazioni territoriali” denuncia.