Agenpress – “Ho ricevuto molta attenzione non voluta, inviti, premi da parte di diversi paesi Europei ed Istituzioni, dopo essere entrata nel porto di Lampedusa. Ma dove eravate quando noi eravamo lì a chiedere aiutare attraverso tutti i possibili canali legali, dei media e diplomatici?”.
Così la comandante della Sea Watch, Carola Rackete nella sua audizione all’Eurocamera e rilanciato su Twitter.
Quando è entrata in aula l’Assemblea, che l’ha ascoltata proprio nel giorno dei migranti e nel giorno in cui a Lampedusa si commemora la strage del 2013, ha dedicato alla comandante una standing ovation. Ma Carola non ha fatto sconti all’Ue ripercorrendo le vicende che hanno accompagnato quello che è stato definito il caso ‘Sea Watch’.
“Non ho salvato la vita di migranti o rifugiati, ho salvato vite umane“, ha aggiunto subito dopo sottolineando che “questo è ciò che la legge del mare mi dice di fare come capitana: portare le persone in pericolo in mare in un porto sicuro, indipendentemente da razza, classe o sesso”.
“L’unica risposta che ho avuto allora è stata da Tripoli, dove non potevo andare. In Europa, la culla dei diritti, nessun governo voleva 53 migranti. E’ stata una vergogna” , ha aggiunto.
“Provo tristezza in questo anniversario in cui si ricorda la perdita di oltre 300 vite umane nel Mediterraneo centrale, perché l’Unione europea ricorre sempre più all’esternalizzazione dei salvataggi con deleghe a Paesi in guerra come la Libia, violando le leggi internazionali”.
“La mia” decisione di entrare in porto con la Seawatch 3 “dopo 17 giorni in mare senza ricevere risposta non fu una provocazione come molti hanno detto. Ma un’esigenza”. Rackete nell’audizione all’Eurocamera racconta il caso italiano.
“Ritenevo che non fosse più sicuro restare in mare e temevo per quanto poteva accadere”, ha aggiunto. “Il nostro caso come quello di altre ong sottolinea la necessità di affrontare la situazione dei salvataggi in mare a livello europeo, che non può essere lasciata a negoziati ad hoc”. E anche “un meccanismo di ricollocamenti temporaneo, focalizzato sui rimpatri piuttosto che sull’accoglienza non è una soluzione realistica”. “La riforma del regolamento di Dublino è attesa da tempo, ma la soluzione è la creazione di canali legali verso l’Europa”, ha detto ancora.
“La ricerca ed il salvataggio in mare sono operazioni che rientrano nel diritto internazionale, non so come abbia fatto l’Italia ad approvare una legge che non rispetta il diritto internazionale”. Questo l’attacco di Carola Rackete riguardo alla legge italiana che impone sequestro delle navi e multe ai comandanti. “Mentre parlo sono sottoposta a due inchieste penali in Italia per aver salvato vite in mare. Non sono preoccupata perché le mie azioni sono giustificate dalla legge e dalla moralità, e come difensore dei diritti umani. Quello che mi preoccupa è che da allora la Seawatch 3 è sotto sequestro in porto” e non può salvare vite umane. “Non è una distorsione della giustizia punire civili che salvano vite in mare a difesa dello stato di diritto e proteggere una pratica di Stato fuorilegge?”.
“Non mi sognerei mai di applaudire una comandante che, dopo aver aspettato deliberatamente 15 giorni al largo di Lampedusa, per scaricare a tutti i costi degli immigrati in Italia, ha addirittura speronato una motovedetta della Guardia di Finanza, mettendo a rischio la vita delle donne e degli uomini in divisa. Provo pena, imbarazzo e vergogna per chi ha applaudito Carola Rackete a Bruxelles”, ha detto Matteo Salvini. “L’omaggio alla comandante della SeaWatch3 – incalza l’ex ministro dell’Interno – è un’offesa all’Italia”. “E nessuno ha ancora smentito la notizia dei tre presunti torturatori di immigrati caricati da Carola e scaricati nel nostro Paese, cioè in quell’Europa dove qualcuno batte le mani alle ong”.